12 Mag 2024
Le scoperte enoiche di Benny

I segreti dello Champagne con il miglior sommelier d’Italia Ivano Antonini

Questa settimana vi porterò in un viaggio straordinario attraverso il mondo affascinante dello Champagne, vissuto personalmente durante una degustazione indimenticabile a Villa Severi, sede della delegazione AIS di Arezzo. Ad accompagnarci in questo viaggio enologico è stato Ivano Antonini, Miglior Sommelier d’Italia nel 2008 ed ex-patron del rinomato Blend4 di Azzate (VA), un ristorante presente sulla prestigiosa guida Michelin.

Ma il vero protagonista della serata è stato lo Champagne, non quello delle grandi Maison conosciute da tutti, ma quello che amo definire la “Piccola Champagne” artigianale.

Parliamo dei vini dei RM (Recoltant Manipulant), quei produttori che creano Champagne utilizzando esclusivamente le proprie uve. Non si tratta di produzioni su larga scala, né di vini con uno stile uniforme anno dopo anno. Questi sono Champagne che raccontano storie uniche, che fanno vibrare il cuore e le papille gustative. Potrebbero tranquillamente essere considerati vini fermi, poiché le bollicine sono solo un dettaglio di un quadro molto più ampio. Questi vini hanno tanto da raccontare: il territorio, lo stile, l’eleganza e, soprattutto, la qualità. In molti casi, ricordano addirittura i vini della Borgogna per la loro complessità e raffinatezza.

Tutti gli elementi per vivere un’esperienza indimenticabile

L’inizio di una degustazione è un momento cruciale in cui il relatore può dimostrare non solo la propria competenza, ma anche la sua capacità di coinvolgere e ispirare il pubblico. Ivano Antonini è maestro in questo, studiando attentamente la platea e avvicinandosi al pubblico con empatia e autenticità. La sua passione per il vino traspare in ogni parola e gesto, trasmettendo un senso di entusiasmo contagioso a tutti i presenti.

La sua scioltezza e sicurezza nell’esposizione dei concetti evidenziano la sua vasta esperienza e il suo bagaglio di conoscenze. Ivano è veramente “Enocentrico”!
È evidente fin da subito che il vino è la sua vera passione e che è desideroso di condividerla con gli altri.
Inoltre, ci svela i suoi due grandi amori enologici: lo Champagne e il nebbiolo. Questo aggiunge un ulteriore livello di autenticità alla sua presentazione, mostrando che non è solo un esperto, ma anche un appassionato dei vini che sta per degustare con noi. Presenza carismatica, profonda conoscenza del tema della serata e capacità innata di coinvolgere il pubblico: abbiamo tutti gli ingredienti per vivere una grande serata! Let’s go!!!

Niente lezioni: solo alcune nozioni generali

A questo punto, potrei parlarvi dello Champagne, del territorio e della sua storia, della denominazione. Tuttavia, mi rendo conto che sono stati scritti numerosi libri su questo argomento e che solo accennare al metodo di produzione o descrivere il territorio potrebbe diluire troppo la lettura e distogliere il focus dalla degustazione che stiamo per affrontare.
Pertanto, chiedo un po’ di pazienza ai meno esperti, perché prossimamente dedicherò un articolo completo allo Champagne, che potrà essere una preziosa fonte di informazioni per i neofiti e un utile ripasso o approfondimento per gli esperti. Per ora, vi fornirò solo alcune nozioni generali per affrontare questa splendida degustazione e goderne appieno.

Territorio, zone e vitigni

La prima regola scritta è che non è Champagne se non viene dalla Champagne. Per cui dobbiamo innanzitutto immergerci non solo nella sua affascinante storia, ma soprattutto nel territorio che lo ha reso unico al mondo. Situata nel nord-est della Francia, questa regione è caratterizzata da un clima oceanico e in parte continentale. Si trova quasi al limite della zona in cui è possibile coltivare la vite: a Epernay ci troviamo al 49° parallelo.
Si contano 34.200 ettari coltivati in quattro regioni, ognuna con caratteristiche specifiche che influenzano il carattere e lo stile dei vini prodotti. Nella Montagne de Reims, le colline gessose con esposizione predominante a sud favoriscono la coltivazione del Pinot Noir, conferendo agli Champagne di questa zona una nota di potenza e struttura. Nella Vallée de la Marne, i terreni argillosi e calcarei agevolano la coltivazione del Meunier, donando agli Champagne una spiccata morbidezza e un bouquet fruttato. Nella Côte des Blancs, i terreni gessosi favoriscono la coltivazione dello Chardonnay, regalando agli Champagne aromi delicati e una straordinaria finezza. Infine, nella Côte de Bar, nell’Aube, i terreni gessosi con tendenza marnosa promuovono la coltivazione del Pinot Noir, offrendo agli Champagne un carattere rotondo e complesso.

Ecco alcuni dati che mettono in evidenza la potenza economica dello Champagne
  • 16.200 viticoltori conferiscono spesso le uve alle grandi Maison, che invece sono soltanto 370, oltre a circa 130 cooperative.
  • Le bottiglie prodotte ammontano a 309 milioni, generando un fatturato di 6.3 miliardi di euro, di cui il 66% è destinato all’esportazione.
  • Il principale paese destinatario delle esportazioni è gli Stati Uniti, che importano circa 34 milioni di bottiglie di Champagne.
  • Anche l’Italia non è da meno, con 9.2 milioni di bottiglie importate,  cifra che è in costante crescita. È evidente il debole che gli italiani hanno per queste bollicine francesi, come dimostra anche la partecipazione a questa degustazione.
  • Nel 2015, la regione dello Champagne è stata riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, in virtù della sua importanza storica, culturale ed enologica.

Tornando alla nostra degustazione, serve precisare che Ivano ha selezionato delle etichette da intenditore, ognuna con peculiarità svelate durante l’assaggio. La sua scelta di servire i vini in un ordine “geografico”” anziché seguire la tipica logica di struttura o grado zuccherino, è stata sorprendente e intrigante. Ci ha condotto in un viaggio sensoriale attraverso le diverse regioni della Champagne, permettendoci di esplorare la diversità delle proposte.

Iniziando da 3 vini del nord della Montagne de Reims, di tre villaggi in posizioni differenti,  e procedendo verso sud con un Rosè dell’Aube, abbiamo attraversato la Vallée de la Marne e la Côte des Blancs. Questo approccio ci ha offerto una panoramica completa della regione, consentendoci di apprezzare le caratteristiche uniche di ciascuna zona.

Il primo vino scelto è stato particolarmente interessante in quanto prodotto con il Petit Meslier, uno dei vitigni rari ammessi dal disciplinare, oltre ai tre classici più famosi (Pinot Noir, Meunier e Chardonnay).

1. Brut Nature Petit Meslier 2019

Ecco la storia di un vino raro e prezioso: il Petit Meslier, proveniente dalla tenuta Elemart Robion situata nel comune di Lhéry, nella Montagne de Reims. Questa piccola azienda vitivinicola possiede 4.3 ettari di vigneti coltivati in modo biologico dal 2010e produce circa 12.000 bottiglie all’anno. Lhéry è una zona meno strutturata della Champagne, caratterizzata da suoli ricchi del calcare più antico della regione. La famiglia Robion, presente in questa terra da generazioni, coltiva varietà come Meunier, Pinot Noir, Chardonnay e il raro Petit Meslier, tutti in modo parcellare. Le fermentazioni avvengono con lieviti indigeni, permettendo al vino di esprimere appieno il terroir da cui proviene. Il nome dell’azienda, Elemart Robion, è un omaggio ai figli Catherine e Thierry: Eloi, Leopold e Martin, che rappresentano il futuro della cantina.

Note di degustazione

Il vino che abbiamo avuto il privilegio di degustare è il Brut Nature Petit Meslier 2019, millesimato prodotto con questo vitigno raro proveniente da una singola parcella. Dopo 36 mesi di affinamento sui lieviti, è stato sboccato nel maggio del 2023 con un dosaggio pari a 0 g/l, mantenendo la sua purezza e autenticità. Bellissimo il colore, luminoso, profondo e con tonalità dorate. Essendo una sboccatura di un anno, non è da ossidazione ma da maturità delle uve. Infatti al naso sentiamo note di frutta piene, non vegetali, impreziosite da tocchi di erbe aromatiche come timo e rosmarino. Esprime delicati profumi di lievitati anche se è il frutto a rimanere in evidenza. Una complessità ricca e matura che con qualche grado in più nel calice si apre ulteriormente. In bocca le bollicine sono il dettaglio meno interessante. e’ talmente pieno e strutturato che si può considerare un vino con le bollicine, meno aggressivo dei classici Champagne, anche se minerale e notevolmente sapido. Gran bella persistenza che ci lascia una bocca ben equilibrata grazie alla nota pseudocalorica che bilancia le durezze.

 

 

2. Brut Réserve Premier Cru BdB Marion Perseval – 100% Chardonnay

Nel cuore della Montagne de Reims, nel villaggio Premier cru di Chamery, la famiglia Perseval custodisce da diverse generazioni le proprie vigne, estendendosi su circa 20 ettari di terreno. Gérard e sua moglie Marie-Thérèse sono ancora dediti alla produzione dello Champagne, anche se potrebbero tranquillamente godersi una vita da pensionati. Hanno passato gran parte delle loro terre ai figli, mantenendone solo una piccola porzione, sufficiente a garantire loro un’occupazione e a produrre poco meno di 12.000 bottiglie.
La produzione di Gérard Perseval si distingue per l’uso della pressa classica champenoise, la fermentazione delle uve in parte in acciaio e in parte in botte, e gli assemblaggi che riflettono l’anima dell’azienda. Lunghe maturazioni in bottiglia sono la chiave per ottenere vini di alta qualità. La loro preferenza è per gli assemblaggi classici, che combinano tutti e tre i vitigni principali con l’uso sapiente dei vini di riserva.

Note di degustazione

Tuttavia, il nostro assaggio è qualcosa di speciale: un Blanc de Blancs (BdB) a base di Chardonnay, ottenuto dall’assemblaggio di due annate diverse (2018 e 2020). In contrasto con i classici BdB della Côte des Blancs, questo vino presenta una struttura e una masticabilità sorprendenti. È considerato la punta di diamante della loro produzione, in grado di stupire in ogni annata. Il colore è più delicato, così come il primo naso che rivela le note più sottili tipiche dello Chardonnay. Tuttavia, è un vino profondo e complesso, in cui la struttura e la cremosità si fondono con una mineralità verticale e una freschezza agrumata che richiama il cedro. Qui, non sono le classiche note di pasticceria a dominare, bensì il terroir gessoso che parla della terra di Reims. Un bouquet di incredibile ampiezza eleva ulteriormente l’esperienza gustativa. La sensazione pseudocalorica è meno accentuata, ma c’è una grande concordanza con quanto percepito al naso, dai fiori di acacia agli agrumi, rendendo l’esperienza davvero appagante.

3. Millésime 2015 Pascal Mazet

l terzo assaggio ci porta nel comune di Chigny-les-Roses, nella Montagne de Reims, presso Pascal Mazet. Fondata nel 1981 con il matrimonio di Catherine, figlia di viticoltori, e Pascal, figlio di contadini, l’azienda ha una superficie vitata di circa 2.5 ettari, gestiti in regime biologico. Dal 2018, sono affiancati dai figli Olivier e Baptiste. L’approccio di Pascal Mazet alla produzione di Champagne riflette un profondo rispetto per la terra e una passione per l’artigianato enologico. Il risultato sono dei vini di straordinaria complessità e carattere, che incarnano il meglio della Montagne de Reims.
Il millesimato in degustazione, rappresenta l’unico vino aziendale derivante da una singola vendemmia, completamente vinificato e fatto maturare in legno. Viene prodotto solo nelle migliori annate e proviene esclusivamente dalle parcelle meglio esposte. È un autentico specchio del millesimo d’appartenenza, a volte più elegante, a volte più giocato su corpo e struttura, ma sempre profondo e complesso. È un instancabile promotore di terreni sani e profondamente vocati, portando in ogni sorso la storia e il carattere del territorio in cui è nato.

Note di degustazione

l Millésime 2015 che stiamo degustando è una composizione di 46% Meunier, 30% Pinot Noir, 12% Chardonnay e 12% Pinot Bianco. Dopo la fermentazione malolattica, il vino affina per 12 mesi in legno e poi rimane ben 5 anni sui lieviti. Si tratta di un Dosage zero, e ne sono state prodotte solo 2944 bottiglie.
Il colore colpisce per quella nuance tipica dei Blanc de Noirs che aggiunge calore alla luce che emana. È un colore che esprime anche la lunga sosta sui lieviti e la sboccatura di oltre 2 anni. Al naso, arrivano note molto pulite che combinano eleganza e complessità, con una piacevole freschezza di ribes. In bocca, emerge ancora mineralità, ma anche una “morbidezza” accentuata dall’affinamento in legno. Sono assenti le note vanigliate o tostate, rendendo l’esperienza di degustazione estremamente piacevole.

4. Extra brut Terre de Meunier S.A.

Con il quarto assaggio ci spostiamo nella Vallée della Marne, nel comune di Mareuil Le Port, presso Dehours & Fils. L’azienda possiede 14,50 ettari vitati e produce circa 80.000 bottiglie all’anno, seguendo i principi della viticoltura biologica HVE. Negli anni ’70, il padre Robert fu un precursore relativamente ai vini di riserva, accantonando il vino nelle annate buone per utilizzarlo in quelle meno favorevoli. Nel 1996 entra in gioco il figlio Jerome, che riorganizza il domaine con l’obiettivo di valorizzare i diversi terroirs, coltivandoli in modo naturale. La sua filosofia è quella di raccogliere le uve a maturità completa sulle 42 parcelle di proprietà, situate sulla riva sinistra della Marna, coltivate al 65% da Meunier. Ogni anno, una singola parcella viene prodotta solo in magnum. Il progetto delle riserve perpetue è iniziato nel 1998 e dal 2021 tutti i parcellari non sono più millesimati ma perpetui.

Note di degustazione

Abbiamo degustato l’Extra Brut Terre de Meunier S.A., un vino composto al 100% da Meunier, con uve provenienti da due lieux-dits: Le Patis de Cerseuil (a sud) e Les Vignes Dans le bois (a nord). La base è del 2020, con il 16% di vins de réserve (la più vecchia del 2013). La vinificazione avviene in acciaio, con malolattica svolta, e il vino riposa sui lieviti per 24 mesi. Il dosaggio è di 4 g/l, con sboccatura nell’aprile 2023. Sono state prodotte 12.524 bottiglie di questo straordinario vino.

Il colore presenta tonalità con riflessi da Vin Gris. La carbonica è più pronunciata, portando profumi un po’ diversi dagli altri. Emergono note di maggiorana e frutta, mentre in bocca si percepisce una mineralità gessosa, struttura e potenza. Grazie al dosaggio zuccherino, si ottiene un equilibrio avvolgente che non dà percezione dello zucchero: è un vino molto completo. È un peccato che da disciplinare non sia possibile produrre Grand Cru con il Meunier in purezza. Si apprezzano le belle potenzialità di questo vitigno, considerato un tempo di serie B ma che sta dimostrando negli ultimi anni un grande valore. Se penso che è il loro vino di apertura, è proprio il caso di esclamare Chapeau! È il mio preferito in assoluto.

5. Extra Brut Blanc de Blancs Grand Cru Ambitieuse S.A.

Con il quinto assaggio ci trasferiamo nella mitica Côte des Blancs, nel comune di Cramant, presso Pertois-Lebrun. L’azienda possiede 9,69 ettari vitati e produce circa 35.000 bottiglie l’anno, seguendo i principi della viticoltura biologica HVE. Fondata nel 1955, l’azienda è gestita dagli ultimi eredi della famiglia Perois-Lebrun, i fratelli Antoine e Clément Bouret, che coltivano i vigneti esclusivamente a Chardonnay in 5 villaggi Grand Cru e 2 villaggi Premier Cru.
Dal 2011, Clément si occupa delle vigne della cantina, mentre Antoine gestisce la parte commerciale. Le vinificazioni vengono divise tra legno, acciaio e cemento, ma negli ultimi anni hanno introdotto delle anfore per le vinificazioni separate delle parcelle Grand Cru.

Note di degustazione

Abbiamo degustato l’Extra Brut Blanc de Blancs Grand Cru Ambitieuse S.A., un vino composto al 100% da Chardonnay proveniente dai villaggi di Chouilly, Le Mesnil-sur-Oger, Oiry e Cramant. È composto per il 50% dalla base dell’annata 2017 e per il restante 50% da vini di riserva perpetua. Dopo la pressatura viene svolta la fermentazione malolattica e il vino riposa sui lieviti per 4 anni. Il dosaggio è di 1.5 g/l e la sboccatura più vecchia della serata risale a giugno 2022.

È evidente dalle prime olfazioni che si tratta di un Grand Cru e della Côte des Blancs. Emergono eleganza e tipicità, accompagnate per la prima volta da note spiccate di pasticceria e crema pasticcera. La complessità è amplificata dalla percentuale dei vini di riserva perpetua. Si percepiscono anche note agrumate e una dolcezza legata al frutto evoluto, il tutto sottolineato da un sottofondo gessoso che persiste in bocca, conferendo mineralità e sapidità.

6. Brut Rosé de Brut Rosé de Saignée Saignée 2018

Con l’ultimo assaggio, ci spostiamo nella regione più a sud dello Champagne da Gilbert Leseurre, nel comune di Arrentières (Aube). L’azienda vanta 7 ettari vitati e produce circa 30.000 bottiglie all’anno, seguendo pratiche di viticoltura biologica. Fondata nel lontano 1961, Arrentières è un villaggio piccolissimo, con circa 160 abitanti. I vigneti sono suddivisi principalmente tra Pinot Noir (80%), Meunier (10%) e Chardonnay (10%), distribuiti su 17 parcelle. Nonostante la qualità dei loro vini, sono poco conosciuti in patria poiché la quasi totalità della produzione è destinata all’esportazione. Gilbert rappresenta la quarta generazione di viticoltori, ma nel 1979 ha deciso di cominciare a produrre vino a proprio nome. È sposato con Nathalie Falmet, anch’essa produttrice nell’Aube.

Note di degustazione

Abbiamo concluso la degustazione con un rosato davvero particolare, il Brut Rosé de Saignée 2018 a base di 100% Pinot Noir. La vinificazione avviene in acciaio e botte nella cantina della moglie Nathalie Falmet, dove il vino riposa sui lieviti per ben 5 anni. Il dosaggio è di 5,5 g/l, e la sboccatura è avvenuta nell’ottobre del 2023.

L’assaggio di questo vino è una vera e propria sorpresa. Il rosé può essere prodotto tramite assemblaggio o tramite saignée (macerazione). La Champagne è l’unica regione al mondo che prevede la possibilità di creare un rosé miscelando vino bianco e vino rosso. Nel calice, notiamo subito qualcosa di molto particolare, a cominciare dal colore. Non è il solito rosato con riflessi di buccia di cipolla o color fior di ciliegio; è un rosa peonia pieno, ipnotico e che senz’altro non lascia indifferenti.

Anche il bouquet è unico. Come per tutti gli altri assaggi, troviamo come filo conduttore l’equilibrio e la lettura del territorio. Emerge la mineralità del gesso, mentre sono assenti le solite note di pasticceria e pan brioche che spesso identificano questa tipologia di vino. Questa peculiarità rende l’assaggio meno scontato, arricchendo ulteriormente l’esperienza sensoriale.

Appuntamento in autunno con un’altra eccellenza

In conclusione, l’esperienza di degustare Champagne con Ivano Antonini è stata veramente straordinaria. L’approccio al mondo dei piccoli produttori RM ha aggiunto un tocco speciale alla nostra scoperta delle bollicine, regalandoci emozioni uniche ad ogni sorso. La serata è stata un autentico viaggio sensoriale, arricchito dalla passione e dalla conoscenza di un grande maestro come Ivano Antonini.

E non possiamo fare a meno di anticipare un appuntamento imperdibile: siamo riusciti a strappargli la promessa di un’altra serata, questa volta con protagonista un’altra sua grande passione, il Barolo. Quindi, non vediamo l’ora di ritrovarci in autunno per un nuovo viaggio nel mondo del vino, guidati dalla maestria e dalla passione di Ivano Antonini.

Benedetta Costanzo
benedetta.costanzo@winetalesmagazine.com
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