Annus horribilis
Annus horribilis, questo, da un punto di vista climatico e non solo. Siccità, innalzamento delle temperature, desertificazione e poi, come sempre più spesso accade, grandinate, incendi, tornadi sono visibili e tangibili per tutti.
Una serie di fenomeni atmosferici anomali, ma sempre più frequenti, ci costringe a porci nuove domande, nuovi orizzonti temporali di azione, nuove prospettive. Nulla di obbligatorio, ovviamente. Si può procedere belli belli, baldanzosi e sorridenti, con lo stesso ritmo e piglio di prima (prima di virus, lock down, guerra, cosa che fanno in tanti a partire da molta classe politica), con la leggerezza di chi preferisce ignorare che ragionare.
Abbiamo parlato di leggerezza anche nello scorso editoriale, Perchè preoccuparsi, in modo positivo: la paura non aiuta gli audaci e non aiuta il ragionamento. Nulla sappiamo di quello che ci aspetta e la lucidità di pensiero è d’obbligo.
La lucidità è necessaria, non il delirio di onniscienza e onnipotenza, non sonno della ragione che genera mostri, non terrore del futuro che è in grado di bloccare ogni azione e reazione.
L’Earth Overshoot Day è arrivato il 28 luglio quest’anno ( questa data è comparsa per la prima volta nel 1972, anno in cui cadeva il 10 di dicembre). Siamo arrivati al limite assurdo per cui iniziamo a sentire, vedere, vivere i cambiamenti climatici di cui tanto si parla. Siamo costretti malvolentieri a cambiare le nostre abitudini quotidiane (a proposito: qualcuno ci ha provato a ridurre il proprio consumo di acqua giornaliero in questa torrida estate?).
Sicuramente il portafoglio ce lo ricorda ogni giorno, e su questo tema siamo tutti facilmente sensibili.
Disadattamento climatico
Uno degli articoli più interessanti sul tema di questo mese è Adattarsi male al cambiamento climatico, uscito per Il Post il 23 luglio scorso. Il pezzo traccia in poche righe le possibili modalità di risposta all’emergenza clima e non solo, prima di tutto emotiva che pratica, evidenziando come il nostro modo di affrontare la realtà possa essere determinante.
Il disadattamento è frutto di poca programmazione e poca lungimiranza, della volontà di trovare soluzioni “posticce”, di facciata, utili a creare consenso immediato. Così si trascura lo studio di soluzioni strutturali, che abbiano effetto sul medio e lungo periodo, perché richiedono più analisi, più tempo, più organizzazione.
Il disadattamento è frutto anche di un modo assurdo di fare informazione, sempre più vuoto, allarmistico, scandalistico. La notizia tanto per, il titolone, anzi lo strillone, per più click, like, follow.
Con tutti i dati che scientificamente potremmo utilizzare e analizzare per affrontare il futuro da pellicola cinematografica apocalittica che ci aspetta, che ci aiuterebbero a capire e ad agire con il massimo rigore, siamo drammaticamente ancorati ad una visione antropocentrica del mondo, in cui l’uomo non è misura di tutte le cose ma si sente padrone di tutte le cose.
Intanto la frescura
E intanto ognuno di noi, in questo annus horribilis, sogna la frescura: dell’acqua del mare, dell’acqua della pioggia, degli odori della terra bagnata, di fresca brezza. C’è chi la troverà al mare, chi in montagna, chi altrove.
E poi arriva settembre che porta con sé la malinconia dell’approssimarsi della fine dell’estate, con tutti i desideri e le speranze e l’energia che necessariamente porta con sé, ma anche l’adrenalina per un anno lavorativo e scolastico che sta per iniziare.
Si tratta di sfide, non nuove ma che paiono tali.
Si tratta di questioni esistenziali: che forse è bene tenere quotidianamente a mente, perché siamo attori poco coscienti di un dramma che si consuma sempre più velocemente. Utile ricordare che la capacità di adattamento è alla base dell’evoluzionismo darwiniano.
Cerchiamo di essere attori il più consapevoli possibile.