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27 Agosto, 2021

Domaine du Bourrian – Renewed history besides Saint Tropez

Domaine du Bourrian is the oldest of the nine wineries in the commune of Gassin, on the Saint-Tropez peninsula. Sunlight fills this region and the sea breeze cools this beautiful winemaking spot. The first references to Bourrian can be found in the Abbey of Saint-Victor de Marseille, dating back to 1055. The Bourrian lands belonged for centuries to a family of French aristocrats. 1871 is considered the year of the Domaine du Bourrian, in which the mighty stone walls of the winery were erected, which has since successfully produced traditional Provençal wines. Domaine du Bourrian was acquired by the new owners in March 2014, Russian, given the special bond that has always united the Domaine with Russia, given that the previous owner was French consul in Russia and still today in the cellar there are huge barrels of Caucasian oak. The new owners undertook a 3-year reconstruction of the buildings and production equipment so that the winery could revive its ancient traditions. Each year the winery produces up to 250 thousand bottles of wine. They are stored in optimal conditions in metal tanks, wooden barrels and bottles. As part of the renovation, the interior spaces that once housed old wooden barrels and concrete tubs have been transformed into rooms for events and tastings. The wines can also be tasted outdoors, on the welcoming terraces under the centuries-old sycamores. The property has 24 hectares of vineyards are divided into Côtes-de-Provence and IGP. All plots comply with the BIO certification, and are grown without the use of pesticides and herbicides. For Côtes-de-Provence, the following varieties are grown: Vermentino, (also called Rolle) for the whites, Grenache Noir, Cinsault, Syrah for the reds and Tibouren in particular for the rosés. Innovation means that today Domaine du Bourrian is at the same time a perfect place to host private events, which can be held at the guest’s choice in the modern restaurant, rather than directly in the cellar, as well as a place for tastings. In this regard, three different types of tasting are offered to the customer, from a quick one of about 20 minutes to a professional tour that tells the whole story of the winery together with that of a territory, the hinterland of Saint Tropez, truly unique in the world. To book I recommend doing it here Now all that remains is to leave, perhaps on one of the WWI planes that describe the Domaine with their history. A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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27 Agosto, 2021

Basta che il vino sia buono per essere venduto?

Nell’ultima uscita di “In legge veritas” accennavo al mercato cinese del vino dove una delle modalità più diffuse di distribuzione di questo prodotto avviene con l’utilizzo di INTERNET mediante operazioni di e-commerce, impiegando i sempre più innovativi e persuasivi metodi di influenzare ed interessare i consumatori verso un prodotto piuttosto che un altro. Non è un caso che la Cina sia diventata il più grande mercato finale nel settore Food & Beverages, con un fatturato di circa 600 miliardi di dollari e una crescita stimata oltre il 15% annuo. Se la soluzione di operazioni di e-commerce si presenta quella più adeguata ed immediata per supplire agli ostacoli frapposti dalla pandemia e mantenere quindi i canali di vendita e di profitto vivi e vivaci, proporla per il mercato cinese rappresenta, senza dubbio, una maggiore soddisfazione, oltre che, direi, quasi scelta obbligata per cantine e consorzi, anche medio-piccoli, che intendono spingersi verso traguardi commerciali diversamente non facili da raggiungere. In altre parole, la pandemia ha spinto gli imprenditori a rinnovarsi e a rivedere le strategie di business e di marchio con maggiore velocità e determinazione e l’attrazione per l’Estremo Oriente è fin troppo giustificata. Non va infatti trascurata la notazione che pone la Repubblica Popolare di Cina quale primo mercato al mondo per e-commerce, con quote superiori al 50% rispetto alla quota globale che è pari ad un miliardo circa di consumatori (dato 2019). Alcune cifre che confortano i miei (e non solo miei!) assunti: transazioni online realizzati per circa 630 miliardi di euro nel primo semestre 2020, 700 milioni di utenti che hanno almeno una volta effettuato un acquisto online, il 93% ha visitato un negozio online e il 78% ha poi proceduto all’acquisto. Dati che confermano l’incremento di acquisto online del 7% dopo l’emergenza Coronavirus e un PIL in crescita tanto che la Cina può essere considerato il primo mercato a riprendersi dopo il COVID e quindi il Paese da sfruttare in termini di mercato, clienti e fatturato. Un altro indice da tenere in considerazione è l’utilizzo di INTERNET da parte della popolazione cinese che si attesta nella percentuale del 60%, tendente a salire con quel movimento di gente in esodo dalla campagna alla città; social media utilizzati per circa 3 ore e mezza al giorno contro le nostre 2 ore; 850 milioni di utenti connessi. Va inoltre considerato che proprio grazie alla dimestichezza e facilità di accesso al web di questa popolazione, altrettanto sorprendente è l’uso e il ruolo dei social media che, come WhatsApp (strumento impiegato da tutti coloro che hanno uno smartphone) è diventato anche uno store virtuale per e-commerce e un marketplace (piattaforme cioè già utilizzate per e-commerce e non il sito privato della singola azienda) che aiuta i consumatori ad acquisire quella fiducia nei beni e servizi anche di quell’azienda sconosciuta, che appare però subito affidabile solo per il fatto che è presente in quella piattaforma che garantisce serietà e autenticità, facendo superare l’innato scetticismo dei cinesi per tutto ciò che è nuovo. Non va inoltre sottovalutato il progresso costante dei sistemi di contatto, anche sempre più sofisticati, del consumatore cinese ai prodotti stranieri che si intendono collocare con il conseguenziale e necessario adeguamento e conoscenza del venditore online agli stessi se non si vogliono perdere occasioni di vendite, di fidelizzazione del cliente, della creazione di nuovi canali distributivi. Mi riferisco al rilievo che soprattutto i Millenials ( o Net Generation, cioè coloro che sono nati alla fine del XX secolo, primi anni 80 e inizio anni 90, cioè “del millennio”) che hanno maggiore familiarità con la comunicazione, i media e le tecnologie digitali (e-mail, Internet, SMS, YouTube, Facebook, Twitter) e la generazione Z (nati tra il 1995 e 2010) (quelli dopo il 2010 invece generazione Alpha) per le quali le aziende devono cambiare le loro strategie di marketing per cercare di attirare l’attenzione di un pubblico sempre più giovane con un’attenzione particolare alla responsabilità sociale e alla curiosità verso quanto avviene nel mondo e il relativo impatto e costo ambientale. Tali informazioni non debbono trarre in errore l’imprenditore vitivinicolo al quale potrebbe sembrare che sia sufficiente che la sua bottiglia sia ben “vestita”, che le nutrition facts siano incoraggianti per poter conquistare questo tipo di consumatore. Al contrario, le vendite a distanza in questo settore, esteso a quello del food in generale, hanno portato il consumatore che si rivolge all’e-commerce a ricercare non solo la comodità di acquisto del prodotto, ma anche informazioni e report circa la sicurezza di detto prodotto sotto il profilo della genuinità, dell’origine e del gusto, esigenze che appunto la digitalizzazione riesce a soddisfare, formando un consumatore orientato, consapevole, colto e in grado di poter scegliere, funzioni queste che non debbono essere sottovalutate dall’impresa che viene giudicata ed inquadrata. Ecco perché la scelta alimentare e del vino è filtrata non solo dal prezzo, ma i marchi preferiti sono quelli che riescono ad esprimere esperienza, responsabilità, eco-sostenibilità, innovazione. Formidabile il ruolo degli spot video di non più di 60 secondi per sollecitare acquisti; life streaming che permette di assistere ad un evento (lo Shopping Festival dell’11 novembre che nel Single Day ha venduto online quanto l’Italia avrebbe venduto con le stesse modalità in 6 mesi); social e-commerce (social media che interagisce con giochi e sondaggi); mini-program, cioè mini app personalizzabili secondo le esigenze del brand, passando per la “realtà aumentata” come la Fashion Week di Milano o Parigi in occasione delle quali, consento al virtuale cliente di entrare nel mio negozio o stand; o ancora, il settore gaming che funziona tanto perché i cinesi ne sono appassionati e che viene sfruttato per conoscere i dati di consumo dei cinesi per poi vendergli i prodotti secondo gusti ed inclinazioni. Completato (si fa per dire) questo quadro introduttivo, vedremo prossimamente altre importanti variabili per il successo in operazioni di e-commerce verso l’Estremo Oriente, ove anche l’impatto culturale e religioso e, perché no, anche quello della superstizione possono fare la differenza! Avv. Paolo Spacchetti
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26 Agosto, 2021

Al Monastero Bevagna

Bevagna è uno dei borghi medievali più belli ed antichi esistenti in Umbria, è stata inserita tra i Borghi più belli d’Italia e tra le Bandiere arancioni, è stata anche la città più vivibile d’Italia e solo visitandola, potete riempirvi gli occhi di tanta bellezza, arte e storia. Le sue origini sono antichissime, sin dall’età del ferro grazie a dei ritrovamenti, fanno supporre la presenza degli umbri a Bevagna. Diventa Municipio romano nel 90 a.C. col nome di Mevania, ricca di storia, Papi, poeti romani ed Imperatori, fino ai signorotti che se la contengono con i governatori pontifici del tempo. Se visitate l’Umbria è di certo una tappa d’obbligo da fare, ricca di eventi e rievocazioni storiche come il Mercato delle Gaite, che cade ogni anno nei dieci giorni a cavallo delle ultime due domeniche di giugno, dove il paese torna indietro nel tempo fino al 1200, raccontando e riproducendo la vita quotidiana, i mestieri e le botteghe di quel tempo. Le quattro gaite (quartieri) San Giorgio, San Giovanni, San Pietro e Santa Maria si sfidano in quattro gare (gara dei mestieri, gara gastronomica, gara del mercato, gara di tiro con l’arco) per decretare chi vincerà il palio. Ci sarebbero infinite cose da aggiungere ma sono qui per altro. In una sera caldissima di agosto, decido di prenotare un tavolo al ristorante Al Monastero, conosco la proprietà perché ha un altro ristorante storico a Foligno: “Il Cavaliere”, una dei migliori per me, quindi vado sul sicuro. Si entra letteralmente dentro ad un vecchio monastero che spopolatosi è stato trasformato in parte in struttura ricettiva, luogo ideale di relax e riconciliazione con lo spirito, il tutto in uno scenario che trasuda spiritualità francescana e parte nel ristorante. L’entrata è un po’ anonima e non ben visibile, ma percorso un piccolissimo passaggio, si apre un giardino e un chiostro che ti lascia letteralmente incantato e stupito. Vengo accolta calorosamente da personale giovane e cerimonioso, che durante la cena diventa piacevolmente confidenziale sempre con le dovute distanze e cortesia, il tavolo è ben curato ed apparecchiato, un sommelier ci illustra i vini in carta e cosa è stato aggiunto, ma non aggiornato, scelgo un Montefalco rosso riserva della cantina Milziade Antano. Dal menù io e i miei commensali scegliamo: carpaccio di Black Angus con stracciatella e tartufo, panzottini ripieni di ricotta e pistacchio con fonduta di parmigiano e tartufo, cappellacci ripieni di manzo al tartufo con riduzione di vinsanto, disosso di faraona in casseruola con tartufo e pistacchi, tagliata al rosmarino, radicchio e acciughe e non contenti del poco tartufo ordinato, chiediamo se durante l’attesa del servizio potessero portarci delle bruschette con l’olio con sopra del tartufo, ovviamente fuori menù, ci dicono subito di sì. Ci hanno serviti un piattino di benvenuto con del baccalà fritto, arrivano le bruschette che copiosamente vengono ricoperte da tartufo fresco grattugiato a tavola, ci vengono proposti quattro tipi di oli diversi da abbinare alle bruschette, e ci viene spiegato minuziosamente ogni olio e i propri sentori e ciò che va ad esaltare nel gusto. Siamo solo all’antipasto! Tutti i primi serviti sono incantevoli, con una menzione di merito sui panzottini ripieni di ricotta e pistacchio con fonduta di parmigiano e tartufo, veramente divini. Le tagliate ci vengono servite alla giusta cottura richiesta, carne di ottima qualità e nel piatto si sente tutta. Concludiamo con i dolci che non sono a menù ma ci vengono elencati a tavola e un gradevolissimo amaro dei Fratelli Taibi all’arancia, un must dei cannoli siciliani. Sono stata talmente bene che sono tornata il giorno successivo con la mia famiglia per festeggiare il mio compleanno. UNICA NOTA NEGATIVA: il menù è stampato in foglio A4, ma essendo aperto da poco tempo, immagino già che ci stiano lavorando. PREZZO: tra 35€ e 40€ a persona The Ghost Writer 
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25 Agosto, 2021

Pane, amore e fantasia: il Food Film Festival di Bergamo alla sua ottava edizione

Un festival originale e importante quello che giunge quest’anno alla sua ottava edizione, che inizia oggi 25 agosto a Bergamo e durerà fino al prossimo 29 agosto. Originale perché coniuga due mondi apparentemente lontani ma sempre più vicini: cibo, oggetto di infinite visualizzazione social, e cinema, arte del racconto per immagini. Narrazione per immagini del mondo dell’agricoltura, della viticoltura, pensato per un consumo critico e consapevole, non fast ma Slow (Slow food è infatti, tra i soggetti  ideatori e promotori del festival), per la narrazione e non per la visualizzazione (e in questo approccio narrativo noi di WineTales ci sentiamo complici). Utile punto di vista, che approfondisce ciò che spesso rimane nascosto del mondo della produzione di beni di consumo. La campagna, l’agricoltura, la viticoltura, visti attraverso i post sono spesso edulcorati dalla loro dimensione di fatica, di scontro- confronto uomo natura, natura madre e matrigna leopardiana. In questo festival si torna alla realtà, che quest’anno viene narrata a partire dal tema, suggerito dal titolo del film di Luigi Comencini del 1953, “Pane, amore e fantasia”. Tema perfetto per riassumere il presente di questo settore e il futuro che verrà: solo riconoscendo il valore del pane quotidiano, solo con l’amore per la terra (nel senso più allargato del termine di rispetto ecologico economico di essa e delle sue risorse) e fantasia, ingrediente indispensabile, insieme alla speranza, per pensare ad un futuro realmente possibile e in grado di essere ancora ospitale per l’uomo. “Dal 2014 ad oggi abbiamo raccolto 24.000 pellicole. Solo quest’anno per il concorso ne abbiamo ricevute 700 da 80 paesi”, ha detto la responsabile del progetto Food Film Fest Claudia Sartirani. “I film, che per la maggior parte provengono da Italia, Iran, India, USA, Francia, Regno Unito, Spagna, Brasile, Egitto e Grecia, narrano il tema food in ogni angolo del mondo e con diverse sfaccettature. Il nostro archivio è a disposizione delle scuole e di altri festival nazionali e internazionali”. Un Festival aperto quindi, a contributi e collaborazioni. Un Festival per riflettere, per ricordare che le risorse che la terra mette a nostra disposizione non sono infinite, per ricordarci che siamo ospiti su questo pianeta, e che solo dalla conoscenza e dal rispetto può esserci un futuro. Tre le categorie in concorso: DOC, ANIMAZIONE e MOVIE per 5 giorni di proiezioni, video anteprime, degustazioni, laboratori,  food talk. Tra gli incontri sottolineiamo la partecipazione di una nostra firma, Francesca Pagnoncelli Folcieri, produttrice di Moscato di Scanzo e Presidente dell’omonimo Consorzio, alla serata dedicata al tema AMORE, in programma il 26 agosto alle ore 20. Allo stesso tavolo altre due donne: Roberta Garibaldi, presidente dell’ Associazione Italiana Turismo Enogastronomico e Camilla Alberti, Presidente La Strada del Franciacorta.  Il tutto nel cuore storico di Bergamo, Città Alta, in Piazza Mascheroni: luogo speciale, teatro naturale a cielo aperto.  Tutti gli appuntamenti del programma, accessibili gratuitamente, saranno trasmessi anche in streaming, qui. A Cura della redazione di WinetalesMagazine 
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24 Agosto, 2021

Masseria Cuturi – Dove il Primitivo è nato e ritrovare sé stessi

Nel 1881 Tommaso Schiavoni Tafuri, un ricco possidente di Manduria, prosperosa cittadina della Puglia salentina, sposò la contessa Sabini, di Altamura. La nobildonna portò in dote le “barbatelle” di Primitivo (la “barbatella” è una talea di vite innestata), che furono piantate a “Cuturi” nella fertile Conca D’Oro. Ed è qui che nacquero i primi alberelli di Primitivo, il cui vino risultò più alcolico e corposo di altri vini pugliesi, un vero nettare degli Dei. Il nome Primitivo gli venne riconosciuto dalla precocità di maturazione di questa varietà rispetto alle altre. L’estensione viticola nel tardo ottocento era di circa 100 ettari di vigna ad alberello che la Comunità coltivava con grande rispetto e dedizione. Masseria Cuturi ha sempre cercato l’eccellenza anche nell’applicazione di nuove tecnologie, ottenendo numerosi riconoscimenti anche nel primo novecento, entrando nella storia vitivinicola di Manduria. Nel 2007 la Masseria non aveva più alcuna vigna e fu allora che la nuova proprietà decise di restituirle il prestigio e la gloria del passato, con un tenace percorso di crescita. Ad oggi i terreni vitati sono 40 ettari rispetto ai 100 originari e la produzione vede Primitivo, ma anche Negramaro e Fiano. Inoltre la Masseria realizza un pregiatissimo olio pugliese BIO, da degustare nei soggiorni pugliesi e non solo. L’ospitalità alla Masseria Cuturi è unica, un luogo in cui il vero lusso è la semplicità e dove si può dimorare scegliendo tra piccole e grandi Suites dislocate nel corpo centrale della Masseria del 600 e da dove tra i trulli della Masseria vi proietterà verso la natura più vera, con un panorama mozzafiato sulle distese di olivi e l’affaccio sul mare Ionio. L’anima di questo luogo è il silenzio, un’energia primitiva ancestrale che commuove. Un grande protagonista del luogo è il bosco, dove potrai perdersi tra i lecci secolari, i profumi del mirto, in un percorso naturalistico-sportivo, unico per l’esplosione di una natura incontaminata, ultimo bosco rimasto dell’antica foresta Oritana, luogo di caccia di Federico II. Questo è il luogo ideale per dedicare del tempo a sé stessi, dove l’unico suono è quello del vento di tramontana: il lusso del silenzio, della pace e del bello. La prima colazione viene servita nella terrazza del ristorante, con prodotti locali ed una particolare attenzione ai dettagli e alle esigenze dell’ospite. Il ristorante si trova all’interno della Masseria del 600 e si affaccia sulla Conca d’oro, tra vigneti ed oliveti secolari. Il pesce, sarà quello pescato nella notte, dai pescatori, di Torre Colimena, coi quali volendo si potrà uscire una sera per una notte di pesca esperienziale. Selezionata anche per eventi e matrimoni, la Masseria Cuturi offre diverse esperienze che vanno oltre la degustazione anche per coloro che non desiderano pernottare o fermarsi al ristorante, ma che desiderano godere appieno della natura e dei suoi prodotti. Per maggiori dettagli qui A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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21 Agosto, 2021

Le nuove leve dell’ospitalità siciliana

Oggi vi porto in un paesino della Sicilia, caldo, caldissimo in estate, sto parlando di Montallegro, in provincia di Agrigento, a soli dieci minuti dal mare dove si trova uno dei B&B più accoglienti nei quali sia stata durante gli ultimi anni. Ospitalità, design e relax sono assicurati dal proprietario, Daniele, un ragazzo di soli 27 anni che insieme alla moglie, ha deciso di trasformare una vecchia mangiatoia del 600 in un B&B: Le mangiatoie del cavaliere. Camere accoglienti all’interno delle quali è presente la vecchia mangiatoia da cui si intravede la doccia tramite una parete in vetro trasparente. Nulla è lasciato al caso: nelle camere è presente la vecchia mangiatoia da cui si intravede la doccia delimitata da una parete in vetro trasparente e dall’originale vecchia muratura riportanta in vista e valorizzata, a ricordare che lì, un tempo, quella parete riparava uomini e animali da ogni intemperia. Il mix di stile e design tra vecchio e nuovo mi ricorda che siamo in Sicilia: la cabina armadio, la scrivania, una poltrona, sul capezzale una frase: “Cu Mancia, Fa Muddichi” (chi lavora, sbaglia).  Beh cosa vuoi di più!…un piccolo frigo magari, ma sono certa, anche quello arriverà… Trovandomi in un B&B, la colazione è fondamentale, per altro essendo in estate, questo momento viene rigorosamente festeggiato nel terrazzo. Si, “festeggiato”, perché il tavolo si riempie di ogni cosa: cappuccino, pane sfornato di primo mattino, marmellate, frutta a Km zero: i fichi neri (che bontà!), il cornetto con la ricotta, la nutella, la crema al pistacchio e non solo. E poi, la pasticceria, nulla è lasciato al caso. In Sicilia la pasticceria è molto ricca e Daniele ogni giorno vuole farci assaggiare qualcosa di diverso, dal classico cannolo, alle sfogliatine di mandorla, ai “ciardoni” e così via per i prossimi 24 giorni, si esatto, 24 diversi tipi di dolci siciliani. Il B&B si trova in una posizione strategica per la visita ai Templi di Agrigento, ma anche per raggiungere spiagge con mare cristallino come Siculiana, Bovo Marina e la Riserva Naturale di Torre Salsa. A pochi chilometri di distanza ci si può fermare alla cantina “Azienda Agricola Calogero Caruana” che produce vini naturali, esaltando il territorio nella sua semplice complessità. Caratteristiche che si ritrovano perfettamente all’interno dei bicchieri di Catarratto e Inzolia. Menzione speciale, per il vino bianco non filtrato ottenuto da uve Catarratto che esprime perfettamente la forza del vitigno a bacca bianca autoctono siciliano con la sua tipicità esclusiva. Per questo, consiglio di non perdere l’occasione di conoscere e degustare questi vini prodotti da un altro giovane talentuoso di Montallegro, il vignaiolo Calogero Caruana. Nota Negativa: Il paese di Montallegro è molto piccolo e poco attrezzato per il turismo. Prezzo: da 65 a 90 euro in base alla stagione. The Ghost Writer 
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20 Agosto, 2021

Rotolando verso sud, Cantina Casa Setaro.

Rotolando verso sud (Negrita) è la colonna sonora perfetta di questo racconto. Un lunghissimo viaggio in autostrada in uno dei weekend da bollino nero di agosto, io e la mia sorellina Olga, ci incamminiamo per un viaggio infinito, fatto di code e rallentamenti, l’afa, il traffico, la stanchezza stanno prendendo il sopravvento e un viaggio di poco più di tre ore si trasforma in un viaggio spazio temporale di otto ore circa, che con il senno di poi saremmo arrivate a Parigi, avremmo stappato un cremoso champagne, sotto la Chiesa di Saint-Étienne-du-Mont, una delle chiese più belle di Parigi che si trova sulla montagna Sainte-Geneviève, vicino al Panthéon, perché oltre che essere la mia preferita di Parigi, dire sotto Notre Dame sarebbe stato troppo mainstream. Ma questa è un’altra storia. Invece no, da Foligno stiamo viaggiando verso il Vesuvio alla scoperta di vitigni a noi sconosciuti e soprattutto autoctoni, grazie al press tour organizzato dal collettivo di #autoctonocampano, di cui ho già scritto un articolo che trovate qui. La mia terza esperienza in terra campana, questa volta penso di conoscere già un po’ il territorio, ma ovviamente sbaglio, prima l’Irpinia e poi il Cilento alla scoperta dell’Aglianicone e adesso sulle pendici del Vesuvio, un’unica regione da sfaccettature totalmente diverse, profondamente ricca di storia, arte e cultura, ma anche di natura e paesaggi mozzafiato. Siamo su terreno vulcanico, nero fumante, viti centenarie a piede franco a pergola, piantate così a caso tra loro in ordine sparso, uve autoctone che caratterizzano la zona del Vesuvio, Falanghina Pompeiana, Piedirosso, Caprettone dalla denominazione Lacryma Christi, a destra scorgo l’imponente Vesuvio a sinistra un mare blu cobalto, l’aria è torrida, il sole a picco, mi riparo sotto la pergola e inizio a fantasticare. Terra di detti e leggende popolari, ricca di esoterismo, magia e scaramanzia. Proprio per citarne una, il nome Lacryma Christi deriva da una leggenda popolare, che narra la storia di Lucifero, l’angelo cacciato per le sue nefandezze dal Paradiso, che ruba un pezzo del Paradiso, sprofondando nelle viscere dell’Inferno, lasciando dietro di sé una voragine da cui sorse il Vesuvio. Si racconta che Gesù, riconoscendo nel Golfo di Napoli il Paradiso rubato, pianse lacrime copiose e dalle sue lacrime nacquero i vigneti di questo vino. Veniamo accolte da Massimo della cantina Casa Setaro, ereditata dai nonni, dove una volta prese lui le redini, converte la cantina da vendita di vino sfuso a bottiglie sapientemente vinificate, visitiamo la parte vecchia dove un tempo si svolgevano tutte le attività adesso dismessa, anche se ci confida che un giorno gli piacerebbe sistemare quella parte antica dove ogni muro trasuda storia e ricordi. Adesso la cantina è letteralmente la sua abitazione, in mezzo alle vigne, vista mare sapientemente divisa in abitazione e zona di vinificazione. Massimo ci ospita a cena a bordo piscina, dove i ragazzi di Autoctonocampano hanno organizzato una fantastica ed originale degustazione, bendandoci, così giocando e mettendoci tutti in discussione, cerchiamo di dare un nome a quei calici bui che portiamo prima al naso, poi in bocca. Il vino che più mi cattura il cuore è quello dedicato a suo padre: Don Vincenzo, Piedirosso e Aglianico denominato come Lacryma Christi rosso Doc, un vino magnetico e profondo che ha sicuramente una dolce storia da raccontare. Di grande effetto anche il Fuocoallegro, Piedirosso in purezza vendemmiato con le uve allevate alla massima altitudine, vengono raccolte a mano e separate dai raspi prima di effettuare un processo di criomacerazione per circa 48 ore per poi fermentare e fare affinamento prima in anfora poi in botti di rovere francese per 12 mesi. Sapido, minerale e persistente, esprime in pieno il terreno vulcanico su cui è raccolto, vince il premio “Best in show” ai Decanter World Wine Awards e Massimo orgogliosamente e con un po’ di timidezza, stenta quasi a confessarlo. La sorpresa invece è una bolla che non ti aspetti sulle pendici del Vesuvio, metodo classico millesimato brut, Caprettone in purezza, Pietrafumante, dove ritrovi la cremosità e i sentori di pane e allo stesso tempo un tripudio di agrumi e erbe selvatiche, sorseggiarlo in giardino, al tramonto, con la vista del Vesuvio, con i miei compagni di viaggio ed il produttore stesso che ti racconta la sua storia è stato uno dei momenti più belli di tutto il press tour, perché alla fine la bollicina accompagna i brindisi e i sorrisi di chi si appresta a trascorrere una serata divina in tutti i sensi. A cura di Clara Maria Iachini 
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19 Agosto, 2021

#autoctonovesuviano, i volti dietro ai social.

Ancora oggi mi sveglio e spero di poter mirare dalla finestra il Vesuvio con una sfogliatella in mano e dall’altra parte il mare. Sono tornata da pochi giorni da uno dei tour più belli mai vissuti. Autoctono Campano chiama, noi rispondiamo. Per me è la terza esperienza in Campania, tra Press tour e wine-experience ormai mi sento di casa, sì perché l’ospitalità in questa terra è il punto forte e ad ogni viaggio ne ho sempre più la conferma. Autoctono Campano è un team di esperti del vino che promuove il territorio e nello specifico porta alla scoperta di innumerevoli vitigni autoctoni della regione in modo originale e mai scontato, questa volta tocchiamo un suolo particolare e speciale, affascinante sotto ogni punto di vista, si parte per il Vesuvio e per le meravigliose vigne che scendono giù da pendici nere fino verso il mare. Paesaggi mozzafiato che descriverli a parole purtroppo non rende giustizia alla bellezza reale che gli occhi riescono a fruire. Un verde incontaminato che si fonde con il blu del mare, terra nera che quasi fuma come se fosse appena scesa dalle pendici del vulcano, una sorta di misticità tra il pericolo sempre in agguato e il romanticismo del tramonto che si scorge sulle cime dei Monti Lattari fino a Capri, terra di leggende e detti popolari, di cui troviamo segni ovunque ed è tutto tremendamente bello e potente, come le persone stesse che raccontano la propria terra. La luce negli occhi dei produttori che narrano la propria storia è qualcosa di bellissimo, riescono a coinvolgerti nel racconto fino a farti sentire parte vivente dell’esperienza che andrai a fare in vigna e cantina. Tre giorni scorrazzando tra Terzigno, Trecase, Boscotrecase e Pompei un sali e scendi tra le aziende Tenuta Le Lune del Vesuvio,  Casa Setaro, Sorrentino e Bosco de’ Medici immersa nell’affascinante Pompei. Tutte le cantine fanno parte del Consorzio tutela vini del Vesuvio Dop. Caprettone, Catalanesca e Piedirosso i vitigni principali che hanno fatto da protagonisti alle ricche degustazioni a cui ho avuto il piacere e la fortuna di partecipare, perché per me tutto questo è fonte di crescita e confronto con i miei colleghi. Anche questa volta siamo stati tantissimi, winelovers, sommelier, blogger e giornalisti da ogni parte d’Italia, disposti a viaggiare tutto lo stivale per ritrovarsi insieme a studiare e scoprire nuove realtà o approfondirle nel caso di già conoscenza, perché parliamoci chiaro, visitare le cantine e conoscerne la storia è ciò dà identità e personalità a quello che poi troviamo nel calice, di cui poi tanto parliamo. Il vino è magia, condivisione e passione, quello che accade intorno ad un tavolo di professionisti con il produttore, quando si degusta è un’esperienza mistica  ed empirica che si fa fatica a percepire. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno e la determinazione degli organizzatori Nello Gatti, Francesca Mafrici, Immacolata Mauro e Paolo Gurrera e Stefano Franzoni, hanno fatto in modo che tutto fosse impeccabile. I sorrisi infiniti di Nello, la dolcezza e premura di Francesca e Imma, i parcheggi di Paolo, gli inaspettati video di Stefano hanno fatto sì che tutto sia stato troppo speciale e irripetibile. Si torna a casa con la voglia di rivedere di nuovo tutti e con la valigia già pronta per partire e come dico io “rigorosamente vuota” serve spazio per portare a casa vino ed emozioni! Un grazie sincero a tutti i miei compagni di viaggio, a Yuri Buono per avermi portato in posti incredibili a guardare scorci mozzafiato e a tutte le aziende che non ci hanno fatto tornare a casa a mani vuote, ma con i prodotti unici e tipici: Orto contro vento, Ristorante Nonna Nia, L’oro del Vesuvio, Arte e pasta. Al prossimo #autoctonocampano ormai mi sento ambasciatrice di questa terra talmente bella, ricca di storia e di cultura e di persone dal cuore grande che ti fanno sentire letteralmente a casa! A cura di Clara Maria Iachini 
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18 Agosto, 2021

Calici di Stelle Cortina, nona edizione bagnata e fortunata

La nona edizione di Calici di Stelle a Cortina ha avuto luogo sabato 7 agosto, presso l’Hotel de la Poste tra i più rinomati hotel della nota location dolomitica. Gli spazi a disposizione delle cantine presenti con la loro migliore selezione di vini erano all’aperto, nella piazza antistante e sulla terrazza dell’hotel, entrambe riparate da ombrelloni e tende. Quando è arrivata pertanto la temuta pioggia gli ospiti presenti non hanno fatto una piega e hanno continuato le loro degustazioni spaziando tra ogni tipo di prodotto delle aziende presenti, oltre la ventina, e in rappresentanza della Lombardia e del Veneto. Ospite d’onore dell’evento il Sindaco di Cortina, Giampiero Ghedina, che non ha perso un assaggio, accompagnato dal patron di casa Gherardo Manaigo e guidato dai vari produttori alla scoperta delle molte etichette presenti. Per la Lombardia in rappresentanza di diverse aziende legate al Movimento Turismo del Vino Carlo Giovanni Pietrasanta, Presidente del Movimento, che ha saputo guidare i curiosi nella degustazione delle diverse etichette lombarde presenti. Con il Moscato di Scanzo, rarità enologica che è stata subito fonte di interesse per i presenti, la Cantina Pagnoncelli Folcieri. Poter degustare un passito da vitigno aromatico e autoctono a bacca rossa unico al mondo e prodotto in quantità davvero irrisoria ha destato la curiosità dei presenti che non hanno perso l’occasione di provare un passito così difficile da trovare sul mercato. Per la Valtellina il nebbiolo interpretato in tutte le forme che l’enologia consente: Inferno, Sforzato, e pure un rosé ottenuto da queste uve che in questa zona raggiungono il massimo della loro potente espressione. E poi bollicine lombarde, da pinot nero, quelle dell’Azienda Agriamo , dell’Oltrepò pavese: grande disponibilità di ettari vitati (32) condotti con passione e dedizione dai quattro giovani soci che si occupano personalmente di ogni fase della produzione. Poi realtà più importanti e “fashion”, ideali per un evento a Cortina: Villa Sandi, Astoria, e molti altri. L’evento si è concluso poi con una Cena di Gala nelle sale dell’Hotel de La Poste con i produttori presenti e con le loro bottiglie che hanno arricchito il banchetto. AZIENDE PRESENTI A CALICI CORTINA 2021 ASTORIA, AGR. DOTTO LIDIO, BOTTEGA SPA, CASTELLALTA WINE, FIOROTTTO WINE, GIANNITESSARI, LE CARLINE, LE GUAITE DI NOEMI, TESSERE SOC.AGR., TRABUCCHI D’ILLASI, VILLA SANDI, BANCO D’ASSAGGIO VINI MTV LOMBARDIA, AGRIAMO, BUGNO MARTINO, CITARI, FRADE’, LA TORRE, MARSADRI, NERA VINI,PAGNONCELLI FOLCIERI MOSCATO DI SCANZO, TENUTA ROVEGLIA, ZERBOSCO, IL PIAVE A Cura della redazione di WinetalesMagazine 
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