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26 Ottobre, 2021

PicoMaccario – Il Monferrato ed i suoi colori

L’autunno è colori e sapori e cosa meglio di quel territorio del Monferrato prossimo alle Langhe che si sviluppa nel comune di Mombaruzzo fatto di vini unici derivanti da vigne circondate dai più celebri colori delle “matite” può rappresentarlo? Ovviamente stiamo parlando dell’azienda agricola Pico Maccario, fondata e diretta dai fratelli Pico e Vitaliano Maccario, la cantina è un simbolo di modernità, sia nella gestione della vigna che nella produzione dei vini: l’obiettivo unico ed importante è quello di raggiungere la massima qualità possibile grazie ad un prezioso lavoro di squadra, che dalla vigna, giunge in cantina, e dall’Italia tocca ogni angolo del mondo. Nel Monferrato Pico Maccario possiede oltre cento ettari suddivisi tra i vitigni Barbera, Viognier, Sauvignon Blanc, Cortese and Moscato d’Asti. Grazie al terreno argilloso e di medio impasto, i vini Pico Maccario sono variegati ed equilibrati, dallo stile moderno e versatile, ma che rispetta le caratteristiche originarie delle uve e dei vigneti di provenienza. A delimitare i vigneti aziendali a corpo unico, più di cinquemila piante di rosa e mille pali matita colorati apportano gioia e colore identificando la storia e il mood di Pico Maccario nel totale rispetto delle tradizioni. Nella zona delle Langhe Pico Maccario coltiva vigneti di Nebbiolo nei Comuni di Neive, Serralunga d’Alba e Barolo, in quest’ultimo Comune in particolare all’interno del famoso Cru CANNUBI, riconosciuto come il più antico d’Italia (risalente al 1752) e ritenuto uno dei vigneti più importanti al mondo. I suoli della Langa dove si producono il Barolo e il Barbaresco sono molto antichi: appartengono al periodo geologico del Miocene. Caratterizzati da terreni compatti e di fine tessitura, conferiscono ai vini eleganza e un’evoluzione unica nel tempo. L’affinamento avviene a seconda del vino in acciaio, botte grande, tonneau o barrique, ricercando sempre la massima qualità e nel rispetto per i tratti originari del frutto. Per questo motivo la cantina si dedica alle innovazioni e alla ricerca in vigna, perchè l’innovazione e la tecnologia è la via principale per ottenere la massima qualità produttiva. La gamma dei vini è molto estesa, tuttavia mi permetto di suggerire i rossi ed in particolare proporre: l’Epico oppure il Nizza 3 Roveri – 3 Bicchieri di qualità eccelsa. A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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22 Ottobre, 2021

Ricasoli 1141 – Castello di Brolio è #vinosostenibile

La zona del Chianti Classico, con la sua alternanza di natura incontaminata e fascino storico delle aziende che vi risiedono, è tra i luoghi più belli d’Italia per gli amanti del vino e non solo. Queste zone, con i loro panorami collinari ricchi di vigneti che disegnano geometrie perfette, dove natura e uomo coesistono da secoli, sono da preservare, come d’altronde è necessario fare con tutto il resto del nostro pianeta. In questa magica cornice sorge Castello di Brolio la cui storia, legata alla famiglia Ricasoli, è testimoniata da alcuni scritti risalenti al 1141. L’azienda, guidata da Francesco Ricasoli, conta 1200 ettari di proprietà nel comune di Gaiole in Chianti, comprendenti circa 240 di vigneto e 26 coltivati a ulivo. È attualmente l’azienda con la maggiore superficie vitata di tutto il Chianti Classico ed è per questo che rappresenta l’esempio trainante per tutti, un riferimento. Sotto la sua direzione l’azienda ha scelto di valorizzare la tradizione intrecciandola alla tutela e alla valorizzazione del territorio, portando avanti studio e mappatura dei suoli, selezione clonale del Sangiovese e tutela dell’ambiente secondo i principi della sostenibilità, sociale ed economica oltre che ambientale. Il cammino sostenibile ha visto l’azienda conseguire nel 2019 sia la certificazione SQNPI (finalizzata a dimostrare l’applicazione dei disciplinari di produzione integrata) per poi nel 2020 arrivare anche ad ottenere la certificazione di sostenibilità Equalitas. Ma per raccontare la visione di Castello di Brolio è necessario fare un passo indietro sul percorso del #vinosostenibile. Ad aiutarmi in questo racconto è Massimiliano Biagi, Direttore Tecnico della Cantina, con il quale ho avuto il piacere di approfondire queste tematiche. Per l’azienda è sempre maggiore la consapevolezza che la sostenibilità avrà un ruolo ancor più determinante, tanto nei processi di produzione quanto nelle scelte dei consumatori. Sono soprattutto alcuni mercati esteri ad esempio del nord Europa a dare priorità al prodotto sostenibile, ma è una visione che entrerà gioco forza in tutto il mondo. La volontà di intraprendere una viticoltura sana parte da molto lontano, con conduzioni che negli anni sono andate oltre i parametri del biologico, tuttavia uno dei passi concreti da sottolineare deriva dalla partnership dell’azienda con Horta, spin off dell’Università di Piacenza, con cui a partire dal 2009 sono stati condotti studi accurati e sul campo utili ad elaborare modelli previsionali sull’epidemiologia dei vigneti dell’azienda. Nella prima fase della partnership si sono raccolti i dati sperimentali che hanno poi permesso di delineare il comportamento e l’esatta correlazione tra i parametri che in vigna possono determinare lo sviluppo delle malattie (ad esempio grado di crescita vegetativa, pioggia, tasso di umidità, temperatura, ecc.). Questo modello matematico-previsionale si traduce nella cosiddetta “Viticoltura di precisione”: mediante l’elaborazione dei dati delle centraline presenti in ciascuna zona vitata è possibile programmare e gestire in modo preciso interventi e trattamenti, agendo sui suoli per lo scasso e il loro drenaggio, operando un’efficace difesa fitosanitaria solo dove necessario, minimizzando tutte le operazioni e i trattamenti che prima potevano essere tradizionalmente programmati. Le concimazioni sono effettuate con l’apporto di sostanza organica da compost o letame ed in alcuni vigneti si utilizza la tecnica del sovescio con miscugli di essenze: leguminose, graminacee e brassicacee. La lotta agli insetti è gestita con trappole al feromone che permettono di monitorare la presenza del patogeno e di conseguenza decidere l’intervento, effettuato con prodotti autorizzati in agricoltura biologica, oppure si insediando degli insetti “buoni” antagonisti, come ad esempio la coccinella per la cocciniglia. Una parte dell’azienda adotta la pratica della confusione sessuale per la difesa dalla tignola. Sono stati eliminati tutti i diserbanti e gli insetticidi chimici, che potrebbero colpire anche gli insetti utili come gli impollinatori. Inoltre per salvaguardare l’ambiente dai rischi di erosione superficiale si adotta anche l’inerbimento tra le fila del vigneto con materiale vegetativo autoctono. L’Agricoltura integrata è quindi praticata da diversi anni essendo considerata un metodo ecologicamente sostenibile, per tale motivo la certificazione SQNPI è stata conseguita senza alcuna difficoltà. È bello scoprire che, continuando a parlare con Biagi, queste certificazioni rappresentano solo il punto di partenza per l’azienda che vuole fortemente andare avanti nel percorso sostenibile, scegliendo ad esempio un vetro per le bottiglie sempre più leggero, agendo sull’efficientamento della produzione e del consumo energetico, proseguendo sul calcolo dell’impronta idrica e carbonica. Molti gli investimenti verdi che riguardano la sostituzione del combustibile per la caldaia a vapore, passando da derivati del petrolio più inquinanti (BTZ) al GPL, la sostituzione di corpi illuminanti con soluzioni a minor consumo, l’implementazione di sistemi fotovoltaici per la produzione diretta dell’energia nelle ristrutturazioni di alcuni fabbricati. In ogni caso l’energia fornita all’azienda oggi è certificata come proveniente da fonti rinnovabili per il 100% dell’intero consumo e sono presenti stazioni di ricarica elettrica dei veicoli e i turisti sono guidati nei tour interni con un van elettrico. Molta attenzione infine ai fornitori (dai tappi agli imballaggi) che vengono scelti tra quelli che possono dimostrare di essere operanti ad impatto zero, ed alla sostenibilità sociale, con Ricasoli che rappresenta oggi primo datore di lavoro del suo comune, Gaiole in Chianti. Insomma una grande azienda che affronta il percorso della sostenibilità con approccio dinamico e trainante per tutte le realtà di settore, con l’occhio mai distolto dalla tradizione e dalla qualità. A cura di Giuseppe Petronio 
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19 Ottobre, 2021

Serene – Il Bio dietro il lago di Garda

L’essenza di Serene è un sogno, che progressivamente è diventato realtà. Il sogno è quello di Stefano Galber, che attraverso i nomi dei vini racconta la sua storia, fatta di persone, di luoghi, di suoni e richiami alla lingua madre, di amicizie e di amori. Una storia che inizia settant’anni fa quando la nonna materna, “L’Emma”, acquista la prima porzione di campagna. La successiva messa a dimora, da parte del padre, dei vigneti storici dà l’avvio a quello che diventerà il suo lavoro e la sua passione. È l’inizio degli anni 80 quando Stefano Galber, prende in mano l’azienda di famiglia e comincia la realizzazione del suo obiettivo, in quelle terre sulle colline orientali del lago di Garda (ad Affi) ed ai vitigni storici di uve autoctone: Corvina Veronese, Corvinone, Rondinella e Molinara, affianca prestigiosi vitigni internazionali di Pinot Nero, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Syrah. Dal 2014 la produzione è interamente biologica, di un Vino biologico ricercato, originale, con esaltazione del particolare, di profumi tipici non appiattiti, in parte dimenticati, adatto ad un pubblico esigente, raffinato e curioso. Curioso di scoprire sensazioni della tradizione e della tipicità di un territorio che ti fa innamorare che, coniugate con la maestria del viticoltore e dell’enologo, si ritrovano nell’eccellenza dei vini Serene. Il motto di Serene è da sempre “non chiediamo mai alla nostra terra più di quello che può dare!”. Per questo è assente qualsiasi tipo di fertilizzante e solamente ogni 7/8 anni si procede con l’utilizzo di letame di cavallo di loro stessa produzione. Altrettanto non vengono svolti interventi contro insetti nocivi, piuttosto i grappoli danneggiati vengono tagliati e lasciati sul terreno; altrettanto si procede alla defogliazione evitando di fare interventi contro patogeni e garantendo la maturazione ideale dell’uva. E’ questa voglia, lo spirito creativo e la spinta costante che ci sono sempre più spazi di ricerca e di miglioramento che spingono Serene e proprio per questa unicità tutte le bottiglie sono numerate ed esclusive. La location, alle spalle del lago, è perfetta per una giornata di svago fatta di paesaggi, emozioni ed ottimo vino, che suggerisco di degustare direttamente presso l’azienda agricola, abbinando i salumi ed i formaggi tipici e poi dallo shop non si può andar via senza portare a casa un pezzettino di sogno. A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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16 Ottobre, 2021

Hostaria - Il festival gentile che anima Verona

Festival del vino diverso da tutti gli altri per stile e principi, dall’8 al 10 ottobre si è tenuto Hostaria a Verona. Occasione d’oro anche per visitare il meraviglioso centro storico per tutti, amanti del vino e non, ha visto la presenza diretta di circa un centinaio di vignaioli da tutta Italia, con oltre 350 etichette in degustazione, e quattro consorzi. Molte le positive sorprese trovate, con ottime degustazioni di Lugana, Valpolicella, vini friulani, siciliani, abruzzesi, veneti, insomma tanta e tanta qualità e chicche, oltre anche alla grande proposta gastronomica. Attenta e minuziosa l’organizzazione da parte del bravissimo Presidente, Alessandro Medici, che ha visto con soddisfazione la settima edizione della manifestazione fare il sold out in tutte le giornate, sia nei biglietti on line che al botteghino. Valorizzazione del territorio, dell’enogastronomia e della cultura, all’insegna dei principi che contraddistinguono l’Osteria, ovvero buon vino e convivialità, unite ai valori dell’attenzione al sociale, alle fragilità ed alle diversità. Hostaria è sinonimo di sorriso e sento di esser andato via da Verona arricchito, oltre che dalla conoscenza di nuove realtà vitivinicole e denominazioni che non avevo mai degustato, anche personalmente, grazie allo spirito gentile e al rispetto per il prossimo che anima il festival, non a caso dedicato alla memoria di Nicoletta Ferrari ed alla sua lotta contro le barriere architettoniche, grazie all’impegno nella vita testimoniato dall’ospite d’onore, la mitica Cristina Bowerman, che ha raccontato di sé e della sua grande personalità, del coraggio nell’affrontare ogni sfida professionale e ogni progetto, grazie all’iniziativa che ha visto nella giornata di chiusura l’Arena di Verona colorarsi di rosa per sensibilizzare alla lotta contro il tumore al seno. Essere poi parte del team di sommelier e comunicazione social insieme a grandi professioniste del vino come Simona Geri (@simonagsommelier), Jessica Rossetti (@jessicarossetti91), Valentina Papandrea (@vino_tacchi_e_sushi_), Carlotta Salvini (@carlotta_salvini) e Clara Di Bonaventura (insieme a Nicola Moriconi di @wine.salad) è stato davvero un onore enorme e motivo d’orgoglio. Abbiamo fatto parlare i vignaioli lasciando al centro i valori della manifestazione, con il grande rispetto che merita tutto ciò che c’è dietro un bicchiere di vino o dietro l’organizzazione di una manifestazione così importante. Il Festival “gentile” con la sua formula ha per me, non solo confermato, ma superato le aspettative. Il format di Hostaria potrà approdare anche in altre città?… lo spero davvero!! A Cura di Giuseppe Petronio
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11 Ottobre, 2021

Milano Wine Week – Una Settimana da record

Non è stata una semplice settimana, non è stato un semplice evento, non è stata una semplice Kermesse. E’ stato “ Il manifesto della ripartenza del Vino Italiano”, è stato un contenitore di innovazione e voglia di emergere realizzato con coraggio ed intraprendenza da Federico Gordini ed il suo prezioso staff del quale siamo onorati di essere partner da due anni. Oltre 300 eventi ed esperienze in centinaia di luoghi della città, 10 Wine District che hanno trasformato i quartieri più trendy di Milano nella casa dei più grandi Consorzi, dalla Valpolicella al Brunello passando per il Moscato d’Asti, un ricco programma di eventi esclusivi per consumatori e professionisti che hanno raccontano il mondo del vino in tutti i suoi linguaggi. Chiave di innovazione è stata la Wine Experience personalizzata e customizzata a seconda dei gusti di visitatori e operatori che hanno scaricato “W” la nuova App realizzata da Softec che ha permesso di vivere al meglio l’esperienza milanese, numeri incredibili di interazione ma soprattutto di download (oltre 10.000 in pochi giorni) testimoniano quanto il mondo del vino ha bisogno di innovazione e digitalizzazione…ma questo noi lo sappiamo bene… Ad aprire la settimana del vino milanese è stato un doppio evento dedicato al  business: La Wine Business City con una due giorni di confronto aperti ad un numero chiuso di aziende che si è trasformato in un’occasione di confronto e di ricerca di opportunità commerciali, senza la presenza di consumatori finali ma solo dedicato ad operatori del settore, abbiamo accompagnato in questo percorso tante cantine ma vorremmo citarne cinque in particolare: Cantine Massimi che si affaccia per la prima volta nei grandi palcoscenici del vino italiano con la voglia di trovare il giusto posizionamento che merita e crescere grazie alla forza del suo fondare Franco Massimi. Corvèe con i suoi 14 ettari di bolle di grande qualità una cantina premiata con i tre bicchieri Gambero Rosso per il suo Muller Thurgau ma soprattutto cantina gestita da giovani di grande avvenite capitanati da Giuseppe Maria Ercolino Il Consorzio del Cesanese del Piglio che prova finalmente ad imporre al grande pubblico la forza del suo vitigno autoctono, di grande potenziale, grazie alla lungimiranza del presidente Antonio di Cosimo ed al membro del CDA Stefano Matturro. Clara C per una grande espressione di Prosecco pronto per crescere ancora di più delle 500.000 bottiglie attualmente prodotte una realtà guidata da una brava e tosta coppia di donne del vino: Marta Pasquon e Serena Scarpel   Terre della Custodia di Stefano Farchioni, famiglia importante nel panorama dell’enogastonomia Italiana grazie ai suoi prodotti largamente conosciuti nella GDO. La famiglia  sta ridisegnando la parte enologica con un concetto di qualità assoluta. Il premio Carta Vini realizzato con la regia di Irene Forni per valorizzare uno strumento che dei consumi ci dice moltissimo. Una giuria selezionata di giornalisti enogastronomici italiani, wine educator e communicator che sono stati guidati nella selezione da Andrea Grignaffini, docente di enogastronomia, tra i più importanti critici e gastronomi del panorama internazionale. La giuria ha premiato tante eccellenze italiane: Signorvino, Trapizzino, Tannico, il sommelier dello chef Davide Oldani e tanti altri. La settimana è proseguita con oltre 300 eventi in giro per la città e con le Masterclass nella meravigliosa location di Palazzo Bovara. Ne abbiamo combinate delle belle in sette giorni… Un triplo evento con Valdo Spumanti Una masterclass dedicata ai piccoli grandi spumanti, sette giorni di aperitivo a base di ostriche e metodo classico nella esclusiva location del ristorante Brutti di Mare in Darsena,  una presentazione del libro “Il collo della bottiglia”(lo trovate su Amazon…da non perdere) di Tinto al secolo Nicola Prudente conduttore di Decanter su Radio Rai e vero showman del vino italiano. Una meravigliosa masterclass con Terre della Custodia Alla scoperta con Giampaolo Farchioni dei suoi nuovi prodotti omaggio alla terra umbra e che già fanno incetta di premi vini che esprimono i valori di un territorio che custodisce un grande prodotto su tutti il Sagrantino di Montefalco. Design e prosecco griffato Clara C e la presentazione nello studio Nautilus Art del tavolo “Vivace” dedicato ai Winelovers e disegnato dal designer Takeda Katsuya La presentazione della startup Ufarmer che abbiamo accompagnato una innovativa startup italiana che vuole costruire un modello di vino vocato allo storytelling ed alla esclusività Una memorabile masterclass alla cieca del Consorzio del Moscato di Scanzo Due ore di “spettacolo” insieme a Federico Bovarini ambasciatore del Consorzio ed a Francesca Pagnoncelli Folceri presidente del Consorzio del Moscato di Scanzo dove abbiamo raccontato il fazzoletto di terra della seconda DOCG più piccola d’Italia che circonda Scanzo Rosciate (31 ettari vitati in tutto) è stato un percorso di suoni, sensazioni e degustazioni a dir poco interessanti…REPLICHEREMO! E poi ancora la Masterclass con Serene Wine Un esempio di qualità e differenziazione in un posto dove per fare la differenza bisogna davvero innovare e Stefano Galber, una cantina che ama sperimentare dalla certificazione di produzione Biologica ai metodi ancestrali… una voglia di fare la differenza partendo dalla semplicità della frase che Stefano pronuncia spesso “Non chiediamo mai alla nostra terra più di quello che può dare” Abbiamo trattato temi importanti, come la forza dell’enoturismo e l’importanza di strutturarsi in maniera organizzata per le cantine italiane e lo abbiamo fatto con la professionalità di Cristina Mascanzoni Kaiser, founder di WineHo. Insomma direi che non ci siamo annoiati…un ultimo grazie a chi ci ha aiutato a divulgare sui social le nostre attività: Stefano Franzoni, Nello Gatti, Tugba, Tannina.it, Wineloversitaly… giovani ragazzi bravi e preparati che non potete fare a meno di seguire su Instagram e non solo ed un grazie allo staff di Milano Wine Week su tutti:  Chiara Nebuloni, Riccardo Rabuffi e la nostra Clara Maria Iachini. Poco altro da dire è il momento di dare appuntamento al prossimo anno per una nuova entusiasmante settimana diVino griffata Milano Wine Week. A Cura della Redazione
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9 Ottobre, 2021

Sutto – Dal Far Vino allo star bene

Alle porte di Venezia, nella zona di Noventa di Piave e comuni limitrofi, su quella terra che al di qua del Piave cent’anni fa resse il massimo sforzo italiano, dal 1933 la famiglia Sutto porta avanti con amore e dedizione un’importante tradizione vitivinicola. Tre generazioni che hanno saputo far crescere l’azienda di famiglia coltivando i vigneti di Campo di Pietra, terre dei vini del Piave tra Treviso e Venezia, e selezionando nuovi terreni nelle zone di Valdobbiadene, patria del Prosecco, e nel Collio, terra di vini friulani d’eccellenza. Oggi i pronipoti del fondatore e figli di Ferruccio continuano l’opera di ricerca e rinnovamento della propria cultura enologica e di valorizzazione di un ricco territorio che va conosciuto e assaporato. E’ proprio questa unione tra familiarità e qualità che sorprende quando ci si affaccia al mondo Sutto e bisogna dedicare del tempo per comprendere e riuscire poi ad assaporare l’enorme ricerca, pensiero e qualità che sta alla base dell’experience e dei suoi prodotti. Personalmente ho avuto la fortuna di conoscere Stefano Sutto, la moglie Silvia e le splendide figlie Virginia e Vittoria, e parlando con loro sono davvero riuscita a comprendere il progetto Sutto. Anzitutto la passione, per la qualità e per i prodotti, per l’innovazione non solo delle tecniche, ma anche di business, per la ricerca e la promozione di un territorio e dei suoi giovani. A testimoniare quanto sia importante il concetto di passione, all’ingresso della Cantina Sutto un grande letto matrimoniale accoglie il visitatore esattamente per suggerire come il vino Sutto sia frutto della passione e come questa passione familiare sia l’incipit del pensiero Sutto in tutto ciò che con orgoglio porta il suo nome. Il mondo Sutto oggi si dirama su tre ambiti principali: il vino: prodotto storico e principale ne è il comune denominatore con tre etichette di carattere e personalità – Sutto (i vini storici, dove il Merlot con il Sutto Campo Sella – 3 bicchieri confermato – è assoluto protagonista), Batíso (ricercato prosecco delle viti di Valdobbiadene) e Polje (proveniente dalla cantina Sutto di Cormons nel cuore del Collio) – espressione dello stretto rapporto tra tradizione e innovazione il cibo: con la trattoria Ca’ Landello, la SuttoOsteria, il SuttoCaffè e i SuttoWine (presenti oltre che a Noventa di Piave anche a Jesolo, a Milano in 3 location, in Belgio e addirittura a Nanchino) la famiglia Sutto ha creato dei luoghi dove non solo far assaporare il vino Sutto, ma far star bene l’ospite, con una selezione di prodotti di alta qualità che perfettamente si possono abbinare al vino. La conclusione ideale di una giornata dopo la visita in Cantina per godere appieno dell’ospitalità delle tre Venezie. L’ospitalità: ricercata, familiare e al contempo elegante dell’Omnia Hotel, un bel 4 stelle che può essere un perfetto punto d’appoggio per chi vuole assaporare con serenità un’ospitalità ricercata e fare shopping nell’adiacente centro commerciale McArthurGlen. Il brand Sutto, presente sui tre ambiti, è tuttavia molto più di un brand, è la famiglia che ne è alle spalle, coi suoi valori e il suo approccio al lavoro, che riesce a trasmettere qualità nei prodotti e piacevolezza in tutti i posti in cui è presente. Auguro quindi il più grande successo alla famiglia Sutto perché orgoglio di un territorio prima ancora che esempio di come la qualità, la capacità di fare vini e prodotti sinceri e il non aver paura di innovare, anche nei modelli di business e non solo nei prodotti, siano le basi per affermarsi nel mondo vitivinicolo e dell’ospitalità vitivinicola che tanto desideriamo. Per vivere quanto ho avuto il privilegio di vivere io suggerisco a tutti di recarsi nella zona di Noventa di Piave, soggiornare all’Omnia Hotel e farsi trasportare dopo lo shopping al vicino SuttoWine e fare una verticale da Prosecco a Campo Sella. Chi non potesse fare questo può comunque recarsi in uno dei SuttoWine dove lo stile e familiarità riescono a ben trasmettere sensazioni ed emozioni. A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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30 Settembre, 2021

Live from “Orgoglio Piceno” il talento dietro un post

Dieci influencers del mondo del vino, tre giorni, cento bottiglie degustate, una casa incantata nelle colline di Ascoli Piceno, una masterclass in barca a largo del mar adriatico, due serate di gala con tanti produttori del Consorzio dei Vini Piceni…e lo vogliamo chiamare “solo” un press tour di influencers? E poi che parola abusa, un termine che oggi associamo al contesto del web e dei social network, ma non è sempre stato così…secondo Zanichelli, il termine risale al XVII secolo, mentre l’Accademia della Crusca sa dirci una data ancora più precisa: il 1664. La sua origine è ovviamente anglofona, dal verbo “to influence”, che significa influenzare, più il suffisso -er. Non è stato solo un press tour, è stata un’esaltazione di competenze, di sinergie, di determinazione…il tutto con un’unica finalità esaltare le qualità organolettiche di una terra da valorizzare nel panorama vitivinicolo nazionale ed internazionale e che certamente non esprime attualmente tutto il suo potenziale: la Regione Marche ed in particolare i Vini Piceni. Ma partiamo dalle competenze, troppo spesso con la parola Influencer si generalizza senza pensare che la differenza la fanno le competenze e dietro ogni reel, post o stories di questi tre giorni ci sono dieci ragazzi che hanno studiato tanto tra: sommelier, enologi, WSET e docenti che a dispetto della loro giovane età hanno messo sudore sui libri per parlare di vino con competenza e professionalità. Nello Gatti, Stefano Franzoni, Marco Porini, Tugba, Francesca Granelli, Ilaria Cappuccini, Michela Donati hanno “riempito un palcoscenico” di un evento perfetto costruito da Marco Salluce, Clara Maria Iachini e Niccolò Dondini. Questo gruppo di ragazzi sono l’espressione dell’Italia che ci piace, quella fatta di giovani intraprendenti, quella fatta da professionisti seri, quella fatta di passione. Tre giorni dicevamo, per scoprire le caratteristiche ampelografiche di una terra che ha bisogno di essere valorizzata una terra che dalla montagna degrada rapidamente nella collina e scende verso il mare. I centri abitati principali che, Ascoli Piceno a San Benedetto del Tronto, rappresentano tutta la varietà di questo territorio in un variopinto susseguirsi di incantati borghi e cittadine tutte da scoprire come: Ripatransone, Monteprandone, Acquaviva Picena e Cupra Marittima. Punta di diamante per la produzione enoica della zona è Offida, le origini di questa cittadina si fanno risalire ai Pelasgi. Successivamente venne abitata dai Piceni e conquistata poi dai Romani. E’ proprio questo piccolo borgo ad ospitare la DOCG della regione e “terre di Offida DOC”, è qui che si fa massima qualità è qui che si percepisce il potenziale della zona è qui che abbiamo trovato vini dal grande potenziale. La cosa più bella è sicuramente stata quello di veder dibattere questi dieci giovani su caratteristiche, sentori, affinamento e sensazioni di ogni singolo vino degustato, vederli studiare per costruire contenuti interessanti, vederli creare e non certo solo a caccia di un semplice like. Questo è il futuro del vino italiano e noi siamo fieri di farne parte! Arrivederci al prossimo Reel e alla prossima stories thanks to WhyNotWine. A Cura della Redazione
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28 Settembre, 2021

Domaine du Bourrian – La storia rinnovata, dietro Saint Tropez

Domaine du Bourrian è la più antica delle nove cantine del comune di Gassin, sulla penisola di Saint-Tropez. La luce del sole riempie questa regione e la brezza marina rinfresca questo bellissimo luogo per la vinificazione. I primi riferimenti a Bourrian si trovano nell’Abbazia di Saint-Victor de Marseille, risalente al 1055. Le terre di Bourrian appartennero per secoli ad una famiglia di aristocratici francesi. Il 1871 è considerato l’anno del Domaine du Bourrian, in cui furono erette le possenti mura di pietra della cantina che da allora produce con successo vini tradizionali provenzali. Domaine du Bourrian è stato acquisito dai nuovi proprietari nel marzo 2014, russi, dato lo speciale legame che da sempre unisce il Domaine con la Russia, stante che il precedente proprietario fu console Francesce in Russia ed ancora oggi nella cantina si trovano delle enormi botti di quercia caucasica. I nuovi proprietari hanno intrapreso una ricostruzione di 3 anni degli edifici e delle attrezzature di produzione in modo che la cantina potesse far rivivere le sue antiche tradizioni. Ogni anno la cantina produce fino a 250mila bottiglie di vino. Sono conservati in condizioni ottimali in serbatoi di metallo, botti di legno e bottiglie. Nell’ambito della ristrutturazione, gli spazi interni che un tempo ospitavano vecchie botti di legno e vasche di cemento sono stati trasformati in sale per eventi e degustazioni. I vini possono essere degustati anche all’aperto, nelle accoglienti terrazze sotto i sicomori secolari. La proprietà dispone di 24 ettari di vigneti sono suddivisi in Côtes-de-Provence e IGP. Tutti gli appezzamenti rispettano la certificazione BIO, e sono coltivati ​​senza l’utilizzo di pesticidi ed erbicidi. Per Côtes-de-Provence, vengono coltivate le seguenti varietà: Vermentino, (detto anche Rolle) per i bianchi, Grenache Noir, Cinsault, Syrah per i rossi e Tibouren in particolare per i rosati. L’innovazione fa sì che oggi Domaine du Bourrian sia al contempo un luogo perfetto per ospitare eventi privati, che si possono realizzare a scelta dell’ospite nel moderno ristorante, piuttosto che direttamente in cantina, sia un luogo per degustazioni. Al proposito sono proposte al cliente tre diverse tipologie di degustazione, da una rapida di circa 20 minuti ad un tour professionale che racconta tutta la storia della cantina insieme a quella di un territorio, l’entroterra di Saint Tropez, davvero unico al mondo. Per prenotare consiglio di farlo tramite qui  Ora non resta che partire, magari su uno degli aerei d’epoca che con la loro storia raccontano il Domaine. A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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24 Settembre, 2021

Cultura e tradizioni per un vino di successo

Completando lo sguardo curioso che non deve mancare ad un imprenditore che intende approcciare o avere successo nel mercato cinese del vino (ma alcune regole sono applicabili per ogni altro genere merceologico), continua e si conclude questo modesto vademecum con l’intento di far comprendere il ruolo e l’importanza anche dei veicoli culturali di un Paese in grado di poter incidere sulle scelte e sui gusti dei consumatori dai quali il venditore non può prescindere anche se siamo nell’epoca del 4.0, del digitale e della blockchain! È infatti di fondamentale importanza il legame di fiducia che si deve instaurare tra venditore e compratore on line in Cina e perché ciò si realizzi occorre considerare i valori, lo stile di vita, principi etici e anche quelli della religione. Un esempio che ritengo calzante, ormai studiato in tutti i corsi di marketing e comunicazione, è lo spot considerato offensivo dall’utente cinese, realizzato da Dolce & Gabbana per promuovere una nuova linea destinata alla donna. Nel video (rinvenibile anche su You Tube) veniva in risalto una donna cinese alle prese con un piatto di spaghetti, una pizza e un succulento cannolo siciliano, tutti approcciati con i chopsticks e con evidente difficoltà, se non impossibilità di essere gustati. Una voce fuori campo peggiorava poi la situazione chiedendosi, tra i tanti commenti, se il dolce non fosse troppo grande per i gusti della donna.… Insomma uno spot che i cinesi hanno ritenuto sessista e stereotipato, per altro veicolato nel web con conseguenze negative ancor più amplificate dalla viralità del messaggio, considerato offensivo delle tradizioni e dell’intelligenza di un popolo, che neppure la conferenza stampa di scuse dei due stilisti italiani ha saputo ricucire l’offesa vissuta, e che, al contrario, ha peggiorato ancor più la reputazione del brand, avendo considerato il video di scuse non efficace, né tantomeno sentito, perché non genuino o spontaneo, sia per il contenuto, che per lo sguardo fuori dalla telecamera di Stefano Dolce, come se recitasse uno slogan a memoria. Quali gli errori commessi secondo i guru della comunicazione destinata al popolo cinese? Lo spot è considerato farcito di stereotipi che non rappresentano la Cina moderna, le voci fuori campo inducono a espliciti doppi sensi, insopportabile la pretesa di insegnare come utilizzare (e se utilizzare) le bacchette per poter mangiare determinati cibi, intendendo con ciò affermare senso di superiorità degli occidentali e al contempo scarsa conoscenza della cultura cinese. Su questo fronte, di segno opposto, una blasonata casa di moda che per sottolineare il Capodanno cinese e l’entrata del 2021, l’anno del bue, ha realizzato una borsa con stilizzate le corna dorate e i colori rossi che richiamano la circostanza, o così la Apple che ha sostituito la famosa mela con l’effige di un bue su molti dei suoi devices. Analoga attenzione per l’utilizzo della lingua e soprattutto per la fonia o per la traduzione che se ne ricava, che impone l’impiego di professionisti specializzati per non compromettere campagne pubblicitarie errate o offensive (esempi in tal senso con le calzature Nike o la bevanda Pepsi). Le notazioni che precedono sono la testimonianza che se anche i famosi brand incorrono in errori da cui è poi difficile riabilitarsi, se non a costo di ingenti investimenti per recuperare una credibilità compromessa, più probabile che ciò accada per strutture imprenditoriali più modeste o addirittura nuove al mercato, non dotate di esperienza o di risorse interne capaci di assicurare successo e notorietà, ma comunque tenute ad avvalersi di adeguate competenze professionali in grado di guidarle nel tentacolare mercato della vendita on line destinato al mercato cinese. Se poi il bene oggetto della vendita e della distribuzione è il vino, maggiore dovrà essere l’attenzione per le informazioni che, partendo dall’etichetta e finendo per il gusto, devono essere veicolate e devono raggiungere il consumatore cinese, compito più difficile di quanto si immagini, posto che può essere carente una cultura enogastronomica di riferimento e che sia costosa acquisirla tramite la necessaria comparazione dei diversi prodotti. Ed allora, per la vendita telematica del vino, in un Paese ove questo prodotto è consumato in maniera crescente e consapevole, non è più sufficiente affidarsi al “Made in Italy” che in generale è percepito come sinonimo di qualità e di affidabilità, ma è opportuno ricorrere affidarsi a precipui strumenti e tecniche in grado di far percepire al consumatore l’importanza e le ragioni di gustare una determinata qualità di vino, posto che in Cina, ad esempio, il consumo di questo prodotto non fa parte della quotidianità, ma sempre più assume valore sociale, bevuto fuori pasto, in compagnia giusta e, tra i Millenials, i quali hanno dimestichezza con i social e con le informazioni che dal web possono essere acquisite dai seguitissimi “influencer” del vino, che sono crescenti in numero e in attività di promozione, giovani anche disposti a spendere per bottiglie importanti, tanto che da tempo, il vino, anche e soprattutto quello italiano, è percepito come status symbol di lusso e di conseguenza come metro di posizione sociale. Il trend ora illustrato dovrebbe tranquillizzare coloro che qualche tempo fa ritenevano che il vino e la sua assunzione fossero influenzate dalla natura del prodotto, che è un bene considerato ricco di emozioni e come tale dovrebbe essere vissuto e, come si dice “raccontato” avendo nel rapporto con il territorio dove cresce ed è trasformato un intenso e prezioso legame ed influenza, che costituisce un valore aggiunto non soltanto in termini qualitativi, ma anche culturali ed esperienziali. A compiere questa sintesi e dunque a far conoscere il vino ad una platea sempre maggiore e sempre più competente, non è più sufficiente la degustazione in cantina o l’abbinamento di quello chef in determinate pietanze, appannaggio magari di un esiguo numero di consumatori, ma occorre affidarsi al mezzo elettronico che, on line, riesce con efficacia e pathos a trasmettere tutti quei contenuti che intendiamo possano qualificare e distinguere il nostro prodotto mediante gli strumenti che il web è in grado di mettere a disposizione e che non finirà mai di stupirci. Tornerò nel prossimo appuntamento con un argomento più giuridico, ma non meno interessante (almeno spero!) che riguarderà alcuni aspetti e consigli per e-commerce del vino in Cina in modalità cross border. Avv. Paolo Spacchetti
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