due passi in vigna
21 Nov 2022
Il Vino in una stanza

DUE PASSI IN VIGNA 2022

DUE PASSI IN VIGNA 2022

L’anima del vino raccontata: rispetto, amore e terroir 

“Un viaggio unico nei territori del vino”. 

Quest’anno è stato proprio questo per noi, Partners in Wine, un viaggio di approfondimento su varie tematiche e Terroir, partecipando all’evento “Due Passi in Vigna”, curato nei minimi dettagli dai ragazzi di Vinario4 all’interno del Mercato Centrale di Roma. Un incontro con 20 produttori di diverse parti d’Italia, degustando oltre 70 delle loro migliori etichette in abbinamento ai piatti delle botteghe gourmet situate al Primo Piano del Mercato. 

Ogni anno che passa, questo evento diventa sempre più ricco di protagonisti del mondo del vino e della comunicazione. Ed un grazie va sicuramente a questi tre ragazzi, colleghi e amici che dal 2019, uniti dalla stessa passione per la cultura enologica, hanno voluto raccontarci storie di vino, tradizioni e dialoghi costruttivi, ricercando costantemente novità e curiosità da regalarci. 

due passi in vigna

In questa Edizione, ci siamo concentrate maggiormente sulle due grandi Masterclass: la prima sui “Suoli e Markers gustativi” a cura di ATWine Consulenze Enologiche, accompagnata da una degustazione di vini alla cieca; la seconda dedicata alla scoperta della Cantina Muscari Tomajoli con la prima verticale in assoluto del loro Pantaleone e facendoci innamorare della sua Aita, una Magnum di Montepulciano in purezza. 

Quanto è importante il terreno nel vino?

A guidarci nella prima Masterclass è stato l’Enologo Pierpaolo Pirone, il quale ha voluto porre l’attenzione proprio sull’importanza del terreno, proponendo un incontro davvero interessante focalizzato su quattro terreni differenti del nostro territorio laziale: calcareo-marnoso, vulcanico, calcareo ferroso e sabbioso costiero. Ci ha spiegato così, tutte le caratteristiche differenti, visive e organolettiche, che ogni terreno può dare. 

“Quello che noi andremo a fare questa sera sarà una cosa un po’ complicata. Usciremo fuori dai semplici canoni di degustazione, senza soffermarci sulle sensazioni in sé e per sé, ma ragionando sulle macro sensazioni alla scoperta dei diversi terreni nei vini che abbiamo scelto, di cui in teoria non sappiamo nulla. Vi presenterò quattro suoli molto caratteristici, raccontandovi cosa loro dovrebbero dare al vino e cercheremo insieme di tracciare un profilo basandoci su quanto possa essere intensa e potente la percezione di determinati olfatti”. 

Pierpaolo ci spiega che in questi calici troveremo tutti vitigni differenti tra loro, con morbidezze ed acidità diverse e ci consiglia di porre la nostra attenzione sul come il suolo permetta alla pianta di maturare in determinate condizioni che poi vanno ad influire sul vitigno. 

Obiettivo unico ma terreni differenti 

Iniziamo partendo dai suoli Vulcanici che con la loro attività eruttiva ormai dormiente caratterizzano maggiormente il nostro territorio laziale. 

Generalmente, questi suoli sono quelli più fertili perché ricchi di magnesio, fosforo e potassio. Ci donano olfatti potenti e complessi con vini sapidi e minerali, un grado alcolico importante e una forte acidità che è ben bilanciata dalla grande struttura. E’ proprio la grande presenza del potassio che dona, nella parte gustativa, una marcata sapidità con un finale amaricante. 

Tra i suoli più pregiati al mondo abbiamo quello Calcareo Marnoso: molto difficile da lavorare se non in determinati momenti dell’anno. 

Le marne sono un incrocio tra tanto calcare e tanta argilla. Se le percentuali  si  equivalgono abbiamo le marne, se abbiamo invece una presenza di calcare maggiore come il carbonato di calcio avremo la marna calcarea. Infine, se il terreno è colmo di silicati di alluminio, avremo un’argilla marnosa ricca di materiale nutritivo. 

Dal suolo argilloso-marnoso avremo vini rossi con più struttura e tannino decisamente marcato; nei bianchi, invece, non avremo una grandissima intensità olfattiva ma sensazioni nette e precise, regalando eleganza ma mai potenza. Al palato si ha una sensazione di sapidità più o meno percettibile a seconda del vitigno, ma non con quella chiusura amara come nel caso del suolo vulcanico.

Il suolo calcareo, invece, molto chiaro di colore, è meno ricco di sostanze nutrienti, risultando più freddo e con una buona capacità di trattenere l’acqua. Da questi suoli si ottengono vini più chiari in colore, aromatici, eleganti, non troppo strutturati, con buona acidità e scarsa tannicità. 

terreni diversi

Le Terre Rosse hanno un’elevata presenza di ossidi di ferro e sono originate per effetto dell’ erosione delle acque piovane. Sono suoli ricchissimi di elementi nutritivi e regalano vini di buona pienezza e complessità con sensazioni di spezie, erbe aromatiche e fiori, buona acidità, un colore intenso e fortemente equilibrati. 

Infine, le Sabbie Costiere sono originate dal fondo del mare e dalla sua azione erosiva sulle nostre coste. Sono suoli difficili da lavorare, dove non c’è molta sostanza organica quindi non riescono a spingere la pianta a maturazioni estreme; sono però suoli molto drenanti e ricchi di cloruro di sodio. Da questo tipo di terreno abbiamo vini più freschi e meno longevi, carenti di struttura, ma accattivanti sotto il profilo olfattivo. Valorizzano l’acidità, le parti iodate e salmastre e hanno un finale sapido e “dolce”. 

degustazione alla cieca

Degustazione alla Cieca: alla ricerca dei suoli

Nel primo calice riscontriamo un colore giallo paglierino chiaro; al naso ci rivela subito sensazioni fresche e minerali con eleganti note di frutta a polpa bianca, mela gialla e ananas, mentre al palato si aggiungono note di salvia e una piacevole sapidità che accompagna nel finale un ricordo di note erbacee. 

Qui non abbiamo avuto dubbi, guardandoci abbiamo detto all’unisono: “Questo suolo è quello calcareo-marnoso”. 

Il vino in questione è il Maturano Frusinate IGP dell’azienda Antica Tenuta PALOMBO di Atina in provincia di Frosinone.

Nel secondo calice troviamo un colore molto simile al primo, ma con un naso ricco di profumi aromatici accompagnati da piacevoli note floreali. Al palato ha una grande acidità bilanciata da note agrumate. Dobbiamo ammettere che, inizialmente, questo calice ci ha fatto riflettere molto. Dopo alcuni dubbi, infine, abbiamo capito che le caratteristiche non potevano non essere dei suoli delle terre rosse. In degustazione: COLLE BIANCO Passerina Del Frusinate IGT dell’Azienda Casale Della Ioria di Anagni in provincia di Frosinone. 

Vini in degustazione delle Aziende: Antica Tenuta Palombo, Casale Della Ioria, Agricola Cavalieri e I Pàmpini
Vini in degustazione delle Aziende: Antica Tenuta Palombo, Casale Della Ioria, Agricola Cavalieri e I Pàmpini

Nel terzo calice notiamo subito una differenza di colore, un giallo paglierino più intenso che in olfazione presenta note varietali speziate e minerali arricchite al palato da note di frutta a polpa gialla matura. Note sapide in contrapposizione ad un’ottima freschezza. Anche per questo calice ci siamo trovate un po’  titubanti e alla fine, non riuscendo a capire il suolo di provenienza, abbiamo atteso che la bottiglia fosse scoperta. 

Abbiamo degustato un vino proveniente dal suolo vulcanico: Lazio Bianco IGP Petit Manseng dell’Azienda Agricola Cavalieri di Genzano di Roma, nel cuore dei Castelli Romani. 

A conclusione della prima Masterclass, nel quarto calice finalmente assaggiamo un rosso dal colore attraente rubino con riflessi violacei. Al naso presenta un bouquet intenso di frutti rossi, protagonisti mora e mirtillo. Un’esuberanza al palato con note di ribes nero e pepe bianco. Troviamo una buona struttura e un’ottima acidità. 

Qui dentro c’è il mare e capiamo fin da subito che il suolo di provenienza è quello delle Sabbie Costiere. 

In degustazione: Syrah “Oriente” dell’Azienda I Pàmpini di Acciarella in provincia di Latina. 

Ilaria Castagna, Pierpaolo Pirone e Cristina Santini
Ilaria Castagna, Pierpaolo Pirone e Cristina Santini

Seconda Masterclass: CANTINA MUSCARI  TOMAJOLI 

Marco Muscari Tomajoli ci ha guidato in un viaggio nel tempo con le diverse annate dei suoi vini, coadiuvato da Riccardo Roselli di Vinario 4, e con la partecipazione di Guido Sileoni, l’artista che ci ha permesso di ripercorrere la storia degli Etruschi attraverso le immagini delle sue opere d’arte che ritroviamo sulle etichette aziendali.

“Ho deciso di dedicare questa Masterclass al nostro Pantaleone, è la prima volta in assoluto che facciamo una verticale di Petit Verdot. La mia è un’azienda molto giovane, nata nel 2007 da un’idea di mio padre Sergio Muscari Tomajoli.” 

Marco Muscari Tomajoli, Riccardo Roselli  e Guido Sileoni
Marco Muscari Tomajoli, Riccardo Roselli  e Guido Sileoni

Con queste parole di Marco iniziamo un piccolo percorso alla scoperta della sua azienda che, possiamo già anticiparvelo, andremo presto a trovare. L’Azienda, sita in Tarquinia, nasce dall’idea del padre Sergio, grande appassionato di vino, di produrre le proprie bottiglie, curando tutte le fasi, dalla vigna alla produzione.

Con il loro attuale Enologo, Gabriele Gadenz, nel 2007 decidono di impiantare su terreni vergini, alcune varietà selezionate e particolari: due rossi, il Montepulciano e il Petit Verdot e un unico bianco, il Vermentino. 

“Abbiamo la fortuna di avere dei terreni tramandati da più di 100 anni in famiglia. L’azienda è piccola, meno di 2 ettari, situata in una posizione ottimale a Tarquinia, piccola cittadina del Nord del Lazio, abbracciata alle spalle da un grande bosco a pochi km dalla Toscana, a soli 6 km dal mare e a 150 mt s.l.m. Le nostre viti crescono su un terreno argilloso-calcareo con prevalenza di argille rosse”. 

La particolarità di queste vigne è che sono vecchie di 100 anni perché la collina è stata disboscata negli anni 30. 

“La prima persona che si trovava lì fu il mio bisnonno, a quel tempo erano  considerate delle piccole quote che davano ai veterani della prima guerra mondiale. Abbiamo avuto quindi la fortuna di ritrovarci questo terreno che prima di allora era un bosco e che, ancora oggi, cinge i vigneti della nostra azienda”.

Marco ci racconta che, succeduto in azienda al padre nel 2016, ha cercato di imprimere un cambiamento soprattutto su due fattoti principali: la sostenibilità e la qualità. Quest’ultima si basa sul rispetto della vite e del suo ciclo naturale. La cosa fondamentale che li contraddistingue è quella di lavorare tutto a mano, non utilizzando nessun tipo di macchina. Anche per il discorso sulla sostenibilità c’è purezza e semplicità poiché non vengono  impiegati erbicidi, concimi, non c’è irrigazione e le fermentazioni sono spontanee ad opera dei lieviti indigeni. 

Si lavora solo con prodotti ammessi nell’agricoltura biologica quindi rame e zolfo solo di contatto, argille fini tipo zeolite e propoli. Le rese per ettaro sono bassissime, facendo in totale dalle 6 alle 8000 bottiglie di produzione. 

La storia di un popolo antico: gli Etruschi
La storia di un popolo antico: gli Etruschi

   

Arte, Storia e Vino

“Quello di cui mi sono innamorato è la capacità che ha il vino, con pochi elementi, di essere un prodotto culturale, che porta dietro secondo noi la storia del territorio, un prodotto che riesce ad arrivare in profondità”.

Proprio con queste parole, Marco ci tiene a raccontarci la storia della sua amata Tarquinia, iniziando dagli Etruschi e facendoci vedere immagini molto importanti di tombe differenti situate nella Necropoli di Monterozzi, famosa in tutto il mondo per i loro dipinti che dal 2004 è inserita nella lista dei siti Patrimonio Mondiale Unesco. 

Al suo interno ha più di 6000 tombe scoperte, scavate nella roccia e con i suoi 130 ettari rappresenta il complesso più esteso che si conosca. 

Alcune di queste hanno dato l’ispirazione per le etichette dell’azienda, come ad esempio la tomba degli scudi dove il dettaglio dell’uovo è riproposto nell’etichetta del loro rosato “Velcha”, raffigurante una figura femminile che cinge un uovo; quest’ultima era “Velia Spurinna”, una donna esistita veramente, considerata la Monna Lisa della civiltà Etrusca, di una bellezza incredibile, anch’essa presa dall’immagine di un’altra tomba. 

Altre due tombe sono state significative per l’azienda: quella dell’orco all’interno della quale è raffigurata l’Aita, divinità etrusca dell’oltretomba, riportata nell’etichetta della Riserva, e quella dei baccanti che ritroviamo invece nell’etichetta del Panteleone.

Dall’intervento di Guido Sileoni: “La mia esperienza con Marco nasce dall’inizio e mi incuriosì subito perché non è da tutti iniziare un percorso così difficile rivolgendosi ad un artista per la propria produzione di etichette. Sposai subito il progetto considerando come fulcro aziendale la storia degli Etruschi e la valorizzazione della nostra storia. Il Pantaleone aveva bisogno di qualcosa che richiamasse il leone, visto che quest’ultimo era riferito al territorio dove nasce l’azienda. La prima volta che Marco mi parlò di Pantaleone, mi tornò subito alla mente la scena nella tomba dei baccanti che raffigura dei leoni che aggrediscono la gazzella. Inizialmente, inserii entrambe le figure ma ci accorgemmo poi di voler trasmette un messaggio più chiaro, di forza ma il meno aggressivo possibile. Infine, tolsi la gazzella e rimase solo il leone; forte, possente e molto pulito ovviamente allineato al mio stile”. 

Alcune delle etichette aziendali
Alcune delle etichette aziendali

Ora, in alto i calici

Iniziamo la degustazione con Marco, coordinato da Riccardo Roselli, il quale ci spiega che nelle prime annate del Pantaleone nel 2014 c’era una piccola percentuale di Barbera. A proposito di ciò, Marco ci tiene a spiegare: 

“All’inizio, dopo vari esperimenti da parte di mio padre e dell’enologo Gabriele, fu impiegata una piccola percentuale di Barbera; poi con il tempo abbiamo capito che un vitigno tardivo come il Petit Verdot (maturità fenolica più lunga e lenta), insieme al nostro clima perfetto, risultava straordinario vinificato in purezza.”

Pantaleone 2020 Petit Verdot 100% Acciaio

Uve vendemmiate nella metà di Settembre, un’annata buona ma non regolare. 

Al calice troviamo un’eleganza  unica, tanta polpa e un tannino molto fine. 

Un connubio perfetto tra freschezza, spalla acida e note balsamiche che non mancano. Una parte speziata che vira molto sulla cannella, chiodi di garofano e liquirizia, una morbidezza che non ti aspetti da un’annata così giovane. La parte vegetale ed erbacea del Petit Verdot è ben integrata in un bouquet   inaspettatamente dolce. Nonostante sia un’annata giovane ha note molto rotonde e già immaginiamo l’evoluzione che potrà avere negli anni. 

Pantaleone 2018 

Annata fresca ma piovosa dopo una 2017 molto siccitosa. Le temperature medie, non così elevate, gli hanno permesso di posticipare la data di raccolta al 27 settembre. 

Già dal colore notiamo sfumature diverse, qualche riflesso aranciato. Al naso troviamo subito dei sentori di fiori appassiti, un’esuberanza di frutti rossi, di susine e ciliegie accompagnate da note di radici e spezie orientali. Un vino gioviale e “combattivo” al palato con un’acidità maggiore e con un’espressione più spigolosa di note vegetali caratteristiche del Petit Verdot.  

Pantaleone 2016

Annata perfetta con piogge classiche d’inverno e primavera calda. Un’annata equilibrata, di grande qualità. 

Sentori di cenere e di prugne disidratate ci inondano il palato. Questa bottiglia è di un’eleganza unica, più composta e avvolgente della 2018. Le note di  tostatura, spezie, frutti di bosco e ciliegia ci lasciano sognare ad occhi aperti. Una nota di zafferano improvvisa dà una freschezza e una complessità impressionante. E’ un’espressione territoriale eccellente. Un vitigno indomabile che Marco è riuscito a padroneggiare con sicurezza e determinazione. 

“Ho portato queste tre annate, secondo me tra le più rappresentative; il metodo di produzione è sempre lo stesso, ma dopo tante prove, abbiamo capito che il vino per noi è autenticità. L’affinamento è di 6 mesi di acciaio e 6 mesi bottiglia. Tre vini identici, il vitigno è lo stesso, cambia l’annata e ovviamente il dettaglio importante sta nella diversità del clima negli anni”. 

Verticale di Pantaleone e Aita 2019
Verticale di Pantaleone e Aita 2019

Aita 2019 Montepulciano 100% Riserva 

L’aita è il frutto di una selezione delle migliori uve di Montepulciano provenienti da una parcella di un ettaro. Raccolta leggermente tardiva a metà ottobre e fermentazione in acciaio spontanea senza l’aggiunta di lieviti.

L’affinamento è avvenuto per 18 mesi in piccole barriques di primo passaggio chiamate T5, il top di gamma della  tonnellerie  francese Taransaund.

Il legno di queste barriques è una prima scelta di rovere francese selezionato soltanto in una foresta in Francia, la foresta di Tronçais, stagionato 5 anni all’aria aperta. Infine l’Aita prima di essere messo in commercio rimane in bottiglia per altri nove mesi.  

Un vino che esprime caparbietà, forza ed eleganza, elementi rappresentati in etichetta con il disegno di una donna travestita da lupo. Un vino impenetrabile come il suo colore rubino violaceo, una ricchezza di frutto e fiore impressionante. Avvertiamo sentori di ciliegia nera, mirtillo, mora e prugna che si abbracciano perfettamente alle note speziate di cannella, lieve tabacco aromatico, leggera liquirizia e una sottile scia balsamica nel finale. Un tannino non aggressivo ma ben integrato a testimonianza del suo equilibrio e della sua eleganza. Al palato freschezza ed acidità sono le protagoniste, leggere note boisè avvolgono tutto il nostro palato; una grande struttura per quello che noi pensiamo essere un grande vino. 

“Il lancio lo abbiamo avuto l’anno scorso a dicembre e per fortuna è tutto sold out, a fine novembre uscirà la seconda annata”.   

Ilaria Castagna, Marco Muscari Tomajoli e Cristina Santini
Ilaria Castagna, Marco Muscari Tomajoli e Cristina Santini

Alla fine delle Masterclass, ci siamo dedicate un po’ alle Aziende che si trovavano ai vari banchi d’assaggio. E’ sempre un onore ed un privilegio conoscere nuovi Produttori o portare un saluto a quelli già conosciuti.

 

Alcune delle Aziende presenti all’evento: Vigne Del Patrimonio, Tenute Filippi, Palazzo Prossedi e Masseria Barone
Alcune delle Aziende presenti all’evento: Vigne Del Patrimonio, Tenute Filippi, Palazzo Prossedi e Masseria Barone

Noi, Partners in Wine, ci teniamo a ringraziare i ragazzi di Vinario4, Pierpaolo Pirone di ATWINE Consulenze Enologiche e Marco Muscari Tomajoli per la splendida storia dei suoi vini che in un altro articolo approfondiremo. 

Vi lasciamo, come piace tanto a noi ragazze, con una frase di riflessione:

Nulla eguaglia la gioia dell’uomo che beve, se non la gioia del vino di essere bevuto

Charles Baudelaire   

Partners in Wine

Ilaria Castagna e Cristina Santini