Itinerari diVini

A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser

Formata alla Cornell University in Marketing, da sempre opera nel mondo dell’ospitalità. Figlia di albergatori del Lago di Garda, ha lavorato presso il Bayerischer Hof di Monaco di Baviera, il Grand Hotel di Rimini e numerosi altri hotel di lusso europei. 5 anni fa crea Club Appeal, società di consulenza specializzata nell’ospitalità di lusso con focus sul mondo del vino, che promuove con il proprio brand esclusivo WineHO®. Certificata WSET ed ONAV, è docente alla IATH (International Academy in Tourism and Hospitality) di Cernobbio oltre che docente in diversi ITS in tutta Italia (Veneto, Umbria, Toscana, Puglia, etc…) ed è relatrice in numerose conferenze internazionali (e.g. Atlas – di cui è membro del comitato scientifico, TEBEC, IWINETC) legate al mondo del turismo del vino. Nel 2022 è stata nominata tra le 50 donne al mondo più influenti nel mondo del vino e nel 2024 ha pubblicato il libro “Wine Hospitality: Quando il fattore umano e la genialità italiana cambiano il marketing”.

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8 Febbraio, 2022

San Leonardo, storia secolare distillata in rossi unici

Lo scorso novembre vi abbiamo parlato con Giuseppe Petronio della sostenibilità di questa cantina oggi nella mia rubrica vi parleremo dell’ospitalità di San Leonardo, storia secolare distillata in rossi unici. In Italia sono tanti i posti ricchi di storia, ma a cent’anni dalla Grande Guerra è davvero un piacere vedere come dal rosso del sangue oggi quella stessa terra possa offrire uno dei migliori vini rossi. Siamo a San Leonardo, una piccola frazione in Val d’Adige, dove si trova l’omonima tenuta che dal XVII secolo produce il vino che prende il nome dalla località. L’anima di San Leonardo è legata a doppio filo alla famiglia Guerrieri Gonzaga, viticoltori per 300 anni fino ad arrivare al primo enologo il Marchese Carlo, appassionato di grandi vini che da cinquant’anni dedica a San Leonardo la quasi totalità delle sue attenzioni e del suo tempo. Ha trasmesso passione e amore per la vite e il vino anche al figlio Anselmo che oggi amministra l’azienda ascoltando in ogni scelta sempre il cuore che batte per questa tenuta amata da tutta la famiglia. La superficie della tenuta ricopre in tutto 300 ettari. A partire da un’altitudine attorno ai 150 metri s.l.m. si trovano i 30 ettari di vigneto a bacca rossa. Su terreni ricchi di ciottoli, che furono il letto di una diramazione dell’Adige, sono state piantate le vigne del Merlot mentre è prevalentemente un suolo sabbioso quello che accoglie il Cabernet Sauvignon e le antiche vigne di Carmenère. Tutti terreni a bassa fertilità e ben drenati da cui nascono uve che una volta divenute vino garantiscono una quantità di antociani davvero inusuale, non solo per il Trentino. Nel 2015 San Leonardo ha iniziato il percorso di conversione all’agricoltura biologica che si è concluso con successo alla fine del 2018 ottenendo la certificazione. La forte escursione termica tra giorno e notte, molto sensibile anche nei mesi estivi, non solo dà spessore agli aromi delle uve ma ne dilata i tempi di maturazione. Durante l’intero arco dell’anno, in particolar modo nei mesi più caldi, l’Ora del Garda soffia impetuosa scaldando ed asciugando le foglie delle viti e preservandole dalle malattie, è un vero dono della natura. All’interno della tenuta si coltivano vitigni internazionali; il Carmenère, messo a dimora a metà del 1800, è la vera essenza dei vini di San Leonardo, allevato sia a pergola che a Guyot dona il carattere e l’identità al San Leonardo. Il Merlot piantato nei primi del 1900 e coltivato sia a cordone speronato che a pergola, regala invece rotondità e morbidezza. Al contempo il Cabernet Sauvignon, piantato dal Marchese Carlo nel 1978 e coltivato esclusivamente a cordone speronato, dona struttura ed eleganza. Nell’antica cantina di fermentazione si trovano le vasche costruite esclusivamente in cemento. Qui i nostri vini rossi fermentano spontaneamente, senza l’ausilio di alcuna tecnologia o di lieviti selezionati. Le fermentazioni durano in media non più di 15/18 giorni durante i quali vengono eseguiti molteplici rimontaggi e délestage. A fermentazione conclusa le vasche vengono svinate e le vinacce dolcemente pressate sotto l’attento sguardo dei nostri cantinieri, che si tramandano il mestiere da generazioni. Se avete pensato ora di andare a San Leonardo per assaggiare questi vini unici, dove il San Leonardo ve lo consiglio davvero, sappiate che potrete anche trovare Villa Gresti, luogo dove gli austriaci si arresero nel 1918 e firmarono l’armistizio per concludere un periodo davvero sanguinoso e così assaporare anche la Storia e non solo i sapori del territorio. Le visite sono fattibili da febbraio a novembre al mattino, durano circa 2 ore e prevedono una passeggiata che Partendo dalla corte nel borgo di San Leonardo, porterà l’ospite alla scoperta dei vigneti immersi tra i boschi e i giardini che circondano Villa Gresti. Seguirà la cantina di vinificazione la grande barricaia sotterranea dove nel silenzio affinano i vini, l’antico orto monastico con la collezione di rose ed erbe officinali, proseguendo con la visita al museo e alla collezione di trattori storici e terminando con l’antica chiesetta dedicata al culto di San Leonardo. Alla fine sarà proposta una ricca degustazione che comprende: Vette di San Leonardo, Terre di San Leonardo, Villa Gresti, San Leonardo e Trento Doc Marchesi Guerrieri Gonzaga nelle annate correnti. A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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1 Febbraio, 2022

Una bollicina con la C maiuscola...che arriva dalla nostra Franciacorta

A livello mondiale bere una bollicina con la c maiuscola si dice bere un calice di champagne, per indicare una tipologia di vino più che la zona di provenienza del medesimo. L’Italia non ha però moltissimo da invidiare ed ha tantissime eccellenze, sia nel Trento DOC, nell’Alta Langa dove vi avevo già dato dei suggerimenti, così come nel Prosecco e nella Franciacorta. Oggi desidero raccontarvi proprio di una particolarità della Franciacorta ed in particolare di Castello Bonomi per trovare davvero una bollicina con la c maiuscola. Il nome Franciacorta affonda le sue radici nel Medioevo, quando queste terre furono affidate a piccole comunità di monaci benedettini, esentate (francae) da tasse (curtes), affinché fossero bonificate e coltivate. Qui nasce il primo vino cosiddetto mordace, già nel XIII secolo, quattrocento anni prima che in Champagne. Terra di abbazie e di priorati, questa zona morenica delimitata dal Monte Orfano, dal Monte Alto e dalle colline del Lago d’Iseo, conosce il suo primo grande sviluppo nella produzione vinicola nella seconda metà dell’800, quando lo storico Gabriele Rosa poteva definirla terra di “eccellentissimi vini neri e bianchi”. Sulle pendici del Monte Orfano, gioiello in un meraviglioso scrigno, sorge il Castello Bonomi, unico Chateau della Franciacorta. Progettato alla fine dell’800 dall’architetto Antonio Tagliaferri. A Castello Bonomi ogni momento esprime la qualità! La tenuta ha una superficie di 24 ettari. I vigneti sono racchiusi nel meraviglioso anfiteatro naturale del Monte Orfano, e si sviluppano fino a 275 m.s.l. del mare con esposizione sud, sud-est, sud-ovest, nel comune di Coccaglio. Situati su terreni collinari, in parte su gradoni e circondati da un parco secolare, i vigneti godono di un particolare microclima, che con le sue influenze fresche e temperate dona alla zona caratteristiche peculiari ed uniche nel suo genere, tali da permettere una maturazione ottimale delle uve. I vigneti sono tutti piantati a cordone speronato, con l’ottimale densità di 5/6mila piante per ettaro. Il sistema d’allevamento e il sesto d’impianto scelti, garantiscono la bassa produzione e l’alta qualità delle uve che provengono da barbatelle francesi. In particolare, si coltivano lo chardonnay, che dona piacevolissime note fruttate e minerali e il Pinot Nero, con i suoi aromi complessi, che dà al vino struttura, carattere ed eleganza. La resa per i rossi di 1-1,2 kg. per pianta, per i bianchi 1-1,5 kg. e 1,5-2 kg. per i vitigni del Franciacorta DOCG. Una produzione volutamente contenuta per il massimo in termini di ritorno qualitativo. Da rimarcare le Cantine del Castello. Splendide antiche volte e affascinanti pupitre segnano il cielo e il percorso entro cui è scandito il lavoro dei lieviti e del tempo. Sono questi due degli elementi fondamentali, insieme alla passione e alla competenza dello chef de cave e della sua squadra, per raggiungere la qualità senza compromessi. Aventi estensione complessiva di più di 1500 metri quadrati, climatizzate a temperature differenziate adibite a barricaie consentono di affinare alle condizioni ottimali i vini bianchi, i vini rossi e i Franciacorta DOCG, in barrique di rovere francese. La produzione annua dell’azienda è di circa 150mila bottiglie: 100mila di Franciacorta CruPerdu, Satèn, Rosé, Millesimato, Cuvée Lucrezia e Lucrezia Etichetta Nera, Cuvée del Laureato; il resto diviso tra i Curtefranca: Solicano, Conte Foscari e Cordelio. Personalmente mi permetto di consigliarvi una etichetta che sembra davvero francese ovvero il Dosage Zero, che ho avuto occasione di assaggiare a più riprese ed è degna di uno Château davvero una bollicina con la c maiuscola. Chiaramente è possibile visitare la tenuta e le cantine, prenotandosi all’indirizzo di Castello Bonomi. Vi aspetto! Cristina A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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25 Gennaio, 2022

Copertino, cuore enologico della Puglia

Siamo in Salento, e più precisamente a Copertino nel cuore del Nord Salento, lungo la strada del vino “Vigna del Sol” una pianura sconfinata, una zona unica, forte perché esattamente tra i due mari, adriatico e ionio, laddove la terra offre non solo il miglior vino, ma anche un grandissimo olio. La storia dell’Azienda Agricola Attanasio è fatta di passione per i propri oliveti e vigneti e da un legame indissolubile con la terra e con il territorio del Salento. Affonda le sue radici nel passato, quando le famiglie di Giovanni Martino e Gregorio Attanasio, produttori di vino e olio, si unirono nel 1940 con lo stesso obiettivo: realizzare prodotti di altissima qualità. Negli anni, con passione, costanza e duro lavoro nelle terre del Salento, sono stati prodotti vino e olio eccellenti. In questi anni l’azienda ha investito molte risorse e molto tempo nello studio per creare un’interazione tra differenti scuole di lavorazione: la scuola piemontese, francese, spagnola e portoghese. Lo studio parte dalle caratteristiche fisiche dei campi in cui vengono coltivate le piante di vite e si sviluppa analizzando le diverse tecniche di coltivazione e lavorazione in cantina. La vendemmia è rigorosamente manuale, da ogni pianta di vite sono colti solo i grappoli migliori. L’unione di queste tecniche restituisce vini internazionali con valore autoctono. L’azienda ha 10 ettari dedicati al primitivo e tutti i vini propongono un costante equilibrio: barrique di rovere americano, Barrique di Allier. Due legni e due stili per dar vita a vini dal carattere unico. Un’avventura tra vino e legno, mondi diversi e legni diversi, un investimento nel tempo e la straordinaria dedizione dell’artigianato alla qualità. Carlo Attanasio propone diverse linee di prodotto, caratterizzate sempre dal Primitivo, ma che talvolta vengono arricchiti di altri uvaggi creando dei blend unici che si trovano in quella che viene definita Collezione Privata, di cui mi permetto di consigliare di assaggiare Fortitudo. Infine, da assaggiare anche l’olio delle tenute Martino, che offrono quel tipico carattere pugliese che fa sì che l’olio si mangi e non si beva. In merito all’aspetto turistico ed enologico, il Salento è di per sé fantastico e quindi assolutamente raccomandabile in tutto, per visitare le tenute di Carlo Attanasio. Vi aspetto! A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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18 Gennaio, 2022

Il Barolo è un vino nobile come la storia di Michele Chiarlo

Su una collina astigiana sulla strada che da Nizza Monferrato porta a Canelli, si trova su una collina adagiato Calamandrana, un piccolo comune ricco di di vita e soprattutto di ottima vite. E’ qui che si trova la cantina Michele Chiarlo e dove sono proposti al pubblico diversi dei migliori Baroli e Barbareschi esistenti al mondo. La storia di Michele Chiarlo parte nel 1956 con lo scopo di vinificare l’essenza del Piemonte, con amore e desiderio di valorizzare uno dei territori più unici al mondo. La proprietà si estende su 110 ettari di vigneti, promuovendo i migliori cru nel pieno rispetto di severi criteri ecologici, del terroir e delle loro espressioni Per la cantina Chiarlo la vigna è qualcosa di vivo, un’esperienza che cercano anche di far vivere. Tradizione e rigore. Leggerezza e passione. Cura del paesaggio, arte, comunità. Sostenibilità e sperimentazione. Con una pennellata pop e un tocco di spensieratezza. Questo è il riassunto dei principi e delle ambizioni di Michele Chiarlo e che gli permettono di realizzare prodotti sensazionali, come il Barolo Cerequio e Cannubi, tutti DOCG così come il Barbaresco Asili e Faset. Davvero dei vini unici e che rappresentano oggi quella nobiltà sabauda un po’ scostante persino per la loro superiorità, ma che avvicinandosi si apre in un insieme unico di emozioni e sensazioni che fermano il tempo. Per chi è appassionato anche di Arte e soprattutto per offrire una esperienza multisensoriale completa dove degustare, vivere, respirare il vino. La Court è uno dei vigneti più rappresentativi di Michele Chiarlo: oltre 20 ettari divisi su due colline a Castelnuovo Calcea che ospitano l’Art Park La Court, il primo museo fra le vigne dove arte e filari, cielo e terra, uomo e paesaggio sono in costante dialogo fra loro. Mi sento quindi davvero di suggerire di spendere una visita a Michele Chiarlo e degustare i suoi vini e gran Cru in uno straordinario palcoscenico: un’esperienza immersiva fra le colline che l’Unesco ha riconosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Le visite si possono svolgere sia presso le cantine di Calamandrana, sia presso la cantina che ospita l’ArtPark di Castelnuovo Calcea a circa 10 km di distanza, e sono proposti diversi tipi di degustazioni a seconda del tempo e del desiderata. Vi aspetto! A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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12 Gennaio, 2022

Zenato - Dal Lago di Garda uno sguardo sul mondo vinicolo

A cavallo tra Lombardia e Veneto, tra i comuni di Sirmione e Peschiera, a pochi passi dalla riva meridionale del Lago di Garda, è situata una delle aree vinicole più originali di tutta Europa. Un clima particolare, temperato dalla massa d’acqua del Benaco; un paesaggio mozzafiato, reso speciale dall’anfiteatro collinare modellato migliaia di anni fa dall’azione delle morene glaciali. È in questa origine che si nasconde il segreto dell’unicità di argille profonde e umide, ricche di sali minerali, capaci di regalare alla terra una naturale vocazione alla coltura della vite, in particolare del vitigno autoctono Trebbiano di Lugana. Qui nascono i vini S. Cristina, vini di carattere, espressione autentica di un terroir inimitabile. Qui nasce nel 1960 l’esperienza Zenato, una cantina che coniuga l’anima del Lugana e il cuore della Valpolicella su 95 ettari vitati garantendo due esperienze: l’una bianca, l’altra rossa, entrambe emblemi di vini di qualità che nascono dalla passione viscerale per il territorio, dal rispetto del tempo, da una tradizione familiare e che portano a Lugana, Amarone, Corvina, Rondinella ed Oseleta. Guardando con maggiore attenzione ai prodotti scopriamo poi il mio preferito: Sansonina, che con due Lugana, un tradizionale e l’innovativo e sperimentale Lugana Fermentazione Spontanea e due rossi Merlot ed Evaluna, vini che prendono il nome da quella che potrebbe essere la moglie di Sansone. Infine oggi Zenato è una realtà che da pochi anni ha incrementato la sua presenza in Toscana, acquisendo Podere Prospero un luogo magico, un mondo a sé capace di far vivere emozioni e ricordi unici a Bolgheri, dove all’ombra dei cipressi carducciani, gli uliveti si alternano alle vigne di Cabernet e Merlot, da cui la famiglia Zenato ha saputo ricavare un’interpretazione personale di Bolgheri DOC. Il COVID sta bloccando moltissime opportunità, ma mi sento davvero di raccomandare di pianificare un tour delle cantine Zenato. Zenato offre due possibili alternative: il Classic Tour, che prevede Visita e degustazione in cantina, Visita al vigneto, processo vinificazione, bottaie e barricaia; inoltre la segustazione di 4 vini: Lugana Brut, Lugana San Benedetto, Ripassa, Amarone, il tutto accompagnato da pane, olio, salame e Parmigiano. Il Premium Tour che offre vini top in degustazione, quali : Lugana Pas Dose, Lugana Riserva, Cresasso, Amarone Riserva, il tutto accompagnato da pane, olio, salame e Parmigiano. Per chi invece ha voglia di sperimentare, Zenato offre lo Smart Tasting:  una nuova esperienza per scoprire anche da casa i vigneti, la cantina con la sua barricaia e le grandi botti in cui affina l’Amarone e per seguire una degustazione guidata di una selezione dei vini più emblematici, accompagnati dagli esperti Zenato. L’esperienza comprende: Visita della Cantina e degustazione in video conferenza personalizzata; invio di 3 vini: Lugana Riserva Sergio Zenato 2017, Cresasso 2013 (Corvina In Purezza), Amarone Della Valpolicella Classico 2015 Vi aspetto! A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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4 Gennaio, 2022

Cotarella, l'ospitalità è una tradizione di famiglia

Il Natale è la festività per eccellenza da trascorrere in famiglia e l’epifania è la conclusione di un periodo magico da celebrare al meglio. Il COVID ha stravolto un po’ tutto, ma questo lo ha mantenuto e confermato. Desidero quindi oggi parlarvi della Famiglia Cotarella, una istituzione nel mondo vitivinicolo ed anche dell’ospitalità in cantina. L’esperienza della Famiglia Cotarella nasce negli anni sessanta in Umbria quasi al confine col Lazio, su quel territorio di Monterubiaglio che è esattamente tra il Trasimeno e Bolsena. L’evoluzione da allora è costante. Siamo al 1979 quando i fratelli Renzo e Riccardo Cotarella fondano l’Azienda Vinicola Falesco a Montefiascone, nell’Alto Lazio, con l’obiettivo di recuperare gli antichi vitigni della zona. Si prosegue a fine anni ottanta e dopo molti anni di sperimentazione e di studi sulla varietà Roscetto, inizia la produzione di Poggio dei Gelsi: una selezione che ha ridato lustro ad un territorio e ad un vino ingiustamente dimenticati. Quasi contestualmente da un particolare clone di Merlot, prende vita il Montiano, sin dagli esordi acclamato come uno dei più grandi ed innovativi rossi italiani, distinguendosi per la notevole eleganza, per il prezioso patrimonio aromatico, per la grande concentrazione e struttura. Solo quattro anni dopo, nel 1994 il percorso di ricerca iniziato venti anni prima attorno alla varietà Roscetto, culmina con l’avvento di Ferentano, vino che esprime appieno la potenzialità e la ricchezza di questa uva e di questo territorio. Siamo nel 1999 e il ciclo iniziato vent’anni prima si conclude figurativamente con l’acquisizione dell’Azienda Agricola Marciliano, di circa 260 ettari, posta sulla stupenda collina a sud di Orvieto, nei comuni di Montecchio e di Baschi. Da questi vigneti provengono le uve destinate alla produzione di Marciliano e su questo territorio in Umbria è stata costruita la nuova cantina. Ultima nata e degna di nota la sperimentazione sul Syrah che porta alla nasicta di Ogrà, vino importante, dedicato alla nonna paterna, Maria Grazia, chiamata nonna Grazia dalle nipoti ma troncato in Ogrà da tutti gli altri, così come familiarmente si usa fare in  Umbria. Per scoprire al meglio questi prodotti, la loro storia e la familiarità unica di Cotarella, nulla meglio che andare a visitare di persona e goderne appieno! Vi aspetto! A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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28 Dicembre, 2021

Oroscopo di fine anno… sempre bene con Lunaria a favore

L’anno si conclude sempre con i riti immancabili, quali ad esempi l’oroscopo. Cosa se non la Luna è protagonista. Per questa analogia mi permetto oggi di proporre a voi una cantina molto particolare e ricca di fascino, oltre che di ottimo vino: Lunaria. Siamo in Abruzzo e più precisamente ad Orsogna, alle pendici della Maiella da dove nelle belle giornate si potrebbe vedere il mare, ma resta una terra dura ed aspra, perfetta per vini di carattere. Lunaria, in realtà non è una vera e propria cantina, ma è un brand della Cantina Cooperativa Orsogna. La particolarità di questa cantina è l’essere biologica all’85%, che ne fa il principale produttore di uva biologica in Italia. Inoltre il 35% è certificato Demeter biodinamico e Lunaria lo è in entrambe le configurazioni. Lunaria produce diversi vini: Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo, Pecorino, Moscato, Malvasia Bianca, Pinot Grigio, Primitivo. Oltre questi vi è poi il mio preferito: il Bucefalo. Si tratta di un Montepulciano le cui uve sono fatte appassire prima di essere macerate e fermentate. Il risultato è un vino dal colore rosso rubino con riflessi purpurei, al naso si sente frutta rossa, confettura di amarena e mandorla. In bocca lievemente dolce, caldo, morbido, con buona intensità e persistenza aromatica. Lo consiglio per carni rosse, fegato, selvaggina, dolci al cioccolato, formaggi con mostarde. Infine per il brindisi di capodanno, anche qui una proposta ancestrale, lo spumante con fondo di fermentazione spontanea e senza solfiti aggiunti. Sono vini che seguono le “regole della natura” e ogni giorno maturano ed esaltano i loro pregi. “Ancestrale” è il metodo fermentativo usato dai nostri antenati: la maturazione dello spumante avviene sui propri lieviti, con un aspetto un po’ velato e opaco, in contrasto con la brillantezza e la luminosità delle bollicine a cui siamo abituati. I vini sono dotati di una spuma piacevole, non aggressiva. Lunaria li propone in varietà Malvasia, Pecorino e Pinot Grigio. Il “fondo” di fermentazione è essenziale e dona profondità, spessore e carattere al vino. Sinceramente cominciare l’anno ingraziandosi la Luna può essere interessante, ma Orsogna ed i suoi vignaioli sono visitabili tutto l’anno. Suggerisco quindi di visitare il sito prima di procedere e guardare quali sono i diversi progetti in essere e poi contattare Lunaria o gli altri vignaioli, davvero tutti di alto livello, per selezionare il percorso culinario e non solo che più possa aggradare. Vi aspetto! A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser  
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9 Dicembre, 2021

Contratto – La favola di quando le bollicine italiane erano regine

Siamo in Piemonte, su quelle colline che vedono in lontananza il mare ligure e siamo nel 1867, l’unità d’Italia è freschissima, la capitale è Firenze e Torino ed il Piemonte si sentono defraudati e guardano alla Francia cercando di insegnare loro qualcosa. E’ proprio allora che Giuseppe Contratto fonda la sua cantina e inizia a vinificare uve moscato provenienti dalla zona del Monferrato, producendo uno dei primi spumanti italiani rifermentati in bottiglia. Sempre in quegli anni la famiglia Contratto inizia la costruzione della storica cantina, che viene poi conclusa all’inizio del Novecento. Dal Piemonte verso l’Italia ed il mondo, tanto che nel 1910 che i vini di Contratto iniziano a conquistare i mercati esteri divenendo sinonimo di prestigio e qualità nel mondo degli spumanti, tanto che l’azienda di Canelli diventa fornitore ufficiale del Vaticano, della casa reale belga e, nel 1913, della famiglia reale Savoia. Arriviamo ad un anno fondamentale, il 1919 quando Contratto produce il primo spumante italiano millesimato, una scelta innovativa da parte della casa spumantistica piemontese che mira ad esaltare le caratteristiche di ogni singola annata. Nel 1920 Contratto comincia la produzione di Vermouth e Liquori. Le tecniche di lavorazione e le ricette di allora sono rimaste pressappoco inalterate, cosicché ancora oggi si possano apprezzare i sapori di allora. I Contratto rimangono alla guida della cantina fino al 1993, quando la famiglia Bocchino, già proprietaria dell’omonima distilleria, prende le redini dell’azienda iniziando una notevole opera di ristrutturazione della Cattedrale del Vino, della corte interna e della sala di degustazione. Arriviamo quindi ai giorni nostri, quando Giorgio Rivetti, da sempre grande amante dello Champagne, inizia a collaborare con Bocchino, intuendo fin da subito il grande potenziale della storica casa spumantistica. Poco dopo, nel 2011, i Rivetti decidono di compiere un passo importante e acquisiscono la cantina. La filosofia e la passione che hanno reso celebre La Spinetta, si riflettono immediatamente in questo nuovo progetto. Subito viene presa una decisione fondamentale: l’acquisizione di diversi ettari di terreno, in parte già vitati, vicino al piccolo paese di Bossolasco. Situata nella parte più alta delle Langhe, la zona di Bossolasco si presta perfettamente alla coltivazione di Pinot Noir e Chardonnay, uve impiegate nella produzione dell’Alta Langa Docg. Questo segna l’ingresso ufficiale di Contratto nel Consorzio Alta Langa, diventando un punto di riferimento per l’intera denominazione. Nel 2014 un altro importante riconoscimento viene conferito alla cantina Contratto: la storica Cattedrale del Vino viene ufficialmente dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. La splendida Cattedrale è stata scavata interamente a mano sotto il fianco della collina soprastante la città di Canelli. Questa si estende per circa 5.000 metri quadrati e raggiunge una profondità massima di circa 38 metri. La caratteristica marna sedimentale, ricca di tufo calcareo, favorisce il mantenimento della temperatura costante a 13 gradi. Questo luogo suggestivo e ricco di storia è teatro dei lunghi affinamenti in bottiglia degli spumanti metodo classico Contratto. Proprio per questo motivo, la cantina può arrivare a conservare anche un milione e mezzo di bottiglie. Raccontare attraverso un bicchiere di Alta Langa le grandi potenzialità delle colline piemontesi in tema di Metodo Classico, è questo l’obiettivo che si pone Contratto e per realizzare ciò il lavoro nei vigneti riveste un ruolo fondamentale. “Il vino buono si fa in vigna” Ne è convinta la famiglia Rivetti, che ogni giorno si prende cura dei vigneti al fine di portare in cantina un’uva eccezionale. Il mio consiglio, tra tutte le alternative di questa cantina è il For England Blanc De Noir Alta Langa Docg, il mio preferito per gusto e per quel ricordo di quando le bollicine italiane erano regine nel mondo e lo Champagne faticava ad affermarsi. A presto, A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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30 Novembre, 2021

Tenuta di Trinoro, nel sud della Toscana, la quinta essenza del rosso

Siamo in un remoto angolo della Toscana meridionale, geograficamente a sud di Perugia ed a neppure 180 chilometri da Roma. I 200 ettari dell’azienda si trovano in una zona priva di tradizione vitivinicola, all’inizio della Val d’Orcia, vicino a Sarteano, dove la Toscana si fonde con l’Umbria e il Lazio. E’ in questo territorio dolcemente collinare che nasce Tenuta di Trinoro, nota per i suoi ricchi e complessi vini rossi da invecchiamento. Il produttore e proprietario, Andrea Franchetti, che oggi ha anche la splendida tenuta di Passopisicaro in Sicilia e di Sancaba a San Cassiano dei Bagni, ha acquistato la proprietà negli anni 80 e ha cominciato a piantare nei primi anni 90. La sua formazione come vitivinicoltore inizia nel Bordeaux dove apprende l’importanza del terroir. A Trinoro i terreni sono argillo-calcarei e ghiaiosi molto simili a quelli della zona del St. Emilion. Solo alcuni terreni però si dimostrano adatti alla viticoltura e questi vengono recuperati dalla macchia e piantati nello stile del Bordeaux: alta densità d’impianto, sesto di un metro per un metro, con innesto di marze provenienti da vecchie proprietà del Pomerol. I vigneti si estendono per 23 ettari su pianure e pendii esposti a sud e ad altezze che variano tra i 400 e i 620 metri. Gli impianti sono in prevalenza di Cabernet Franc e Merlot, con il Cabernet Sauvignon e Petit Verdot presenti in misura minore. L’alta densità di impianto, il diradamento drastico dei grappoli, le basse rese, la piena maturazione fenolica e la concentrazione dei vini danno luogo a uno stile unico ed inconfondibile. I vini sono estremi nel profumo, nel colore e nel sapore, godibili da subito ma concepiti per un lunghissimo invecchiamento. Tra tutti i suoi vini, il Tenuta di Trinoro rappresenta la massima espressione dello stile vinicolo di Andrea Franchetti. L’assemblaggio di uve di Cabernet Franc, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, provenienti dalle migliori vigne, piantate sui terreni più poveri composti da detriti di roccia calcarea e argilla, varia di anno in anno in modo da interpretare al meglio l’annata in corso. Il Tenuta di Trinoro non è frutto di una ricetta prestabilita, ma dell’ispirazione e intuito del suo produttore. Questo vino super-tuscan interpreta al meglio le caratteristiche dei suoi vitigni bordolesi e del particolare terroir presente in questo remoto angolo della Toscana. Lo stile unico di Andrea Franchetti è palese in ognuna delle sue annate. Ricchezza, concentrazione, profondità e complessità sono i capisaldi di questo stile. A cura di Cristina Mascanzoni Kaiser
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