Midia. Manuela, Gaia, Marsala, una nuova vita
A quattro anni dal covid ci si interroga ancora sugli effetti dell’isolamento cui siamo stati sottoposti con il lockdown. Aumento dell’ansia, disturbi del sonno, depressione solo per citare alcuni studi in materia. Per non parlare dei litigi e dei divorzi. O dei cambi radicali di vita che sempre divorzi sono.
Ogni tanto fermarsi a riflettere fa bene. Essere obbligati a farlo, per svariati mesi, forse è stato troppo. Chi non è incappato in problemi fisici o psicologici, forse ne è uscito più forte. O perlomeno più convinto della propria vita.
Più parlo con le persone e più mi convinco di come troppo spesso si facciano le cose per convenzione. Si sta con una persona perché si è sempre stati con quella/quello. Si inizia a fare un lavoro perché quello si è trovato. Non si ha la forza di cambiare anche se non piace. Passa il tempo e non solo le forze vengono meno. Viene meno la voglia e, in alcuni casi, anche il coraggio. Magari perché non si decide solo per se stessi.
Il lockdown se una cosa dovrebbe averla insegnata, è la possibilità di vivere con poco. Poche relazioni. Poco comfort. Poco svago. Poca possibilità di spendere. Solo l’essenziale includendo in questo anche le persone che vivono quotidianamente con noi.
L’essenziale è invisibile agli occhi. Sempre più vera come frase. Sempre più reale.
Ci sono ricordi che si sedimentano in noi. Esperienze che quando le facciamo, viene voglia di non finirle più. Piuttosto che ritornare, non andar più via.
Quante volte ci è capitato di andare in vacanza in un posto del quale ce ne siamo innamorati e abbiamo detto a noi stessi: io mollo tutto e vengo a vivere qui.
Tante. Davvero tante volte.
Poi però, il ritorno inesorabile a casa vuol dire ripiombare nella routine quotidiana. Torniamo ad essere i criceti che corrono sulla ruota senza mai chiedersi: perché sto correndo su questa ruota?
Covid. Lockdown. Pensieri. Ricordi. Futuro. Speranza. Cambiamento
Una apparentemente semplice (ma in realtà complicatissima) catena che in taluni casi ha sciolto le proprie maglie generando non un piccolo insignificante cambiamento ma un qualcosa di radicale e definitivo.
Io lascio il lavoro.
Ma che dici?
Si si io lascio il lavoro.
Immaginatevi questa conversazione in un piccolo soggiorno di un piccolo appartamento dei palazzoni del quartiere Laurentino a Roma. Alveari, in genere dormitori, che ne periodo del lockdown si trasformano in stadi di calcio.
Chi vuole lasciare, anzi, chi decide di lasciare il proprio lavoro è Manuela. Manuela Rendina. 36 anni. Single (nel senso di non sposata ma con una compagno fisso). Impiegata in una società che produce birra artigianale nella parte finance. Nata e vissuta a Roma. Nessun legame con la Sicilia. nemmeno amici.
La Sicilia? Che c’entra la Sicilia.
Ah scusate. La Sicilia fa parte dei ricordi di Manuela. Un viaggio in macchina con degli amici. Una vacanza itinerante per scoprire la Sicilia e i suoi vini con particolare attenzione ai vini naturali. È qui in Sicilia e più precisamente a Marsala che scatta quel pensiero che coglie molti di noi in vacanza. Quell’innamoramento perlopiù effimero che non si trasforma mai in amore eterno. O quasi mai.
Ho conosciuto Vincenzo di Vita ad Ovest. Abbiamo fatto una degustazione insieme che sarà durata sei sette ore. Abbiamo parlato e bevuto e da li mi sono offerta per fare una esperienza in cantina. Durante la vendemmia prendevo ferie e davo una mano in vigna e in cantina.
È il 2017 quando accade questo. Per tre anni Manuela viene in questo angolo complicato ma meraviglioso della Sicilia per aiutare gratuitamente Vincenzo nella vendemmia. Lo fa semplicemente per amore. Amore di questa terra. Amore per le espressioni dei vini. Amore per le persone. Amore per il sapore di mare che il vento porta fin sulle uve. Amore per il sole che qui batte forte. Amore.
Scendevo qui invece di andare in vacanza. Chiedevo a Vincenzo se poteva darmi vitto e alloggio. Qui era bello. Mangiavamo insieme con i genitori di Vincenzo. Tutti insieme. Con gli operai. Era una famiglia allargata. Fino al 2020 quando decido di lasciare il lavoro dopo tre anni che venivo qui. Mi ero stancata del lavoro e ho detto proviamoci. Ho preso una vigna in affitto facendo la prima etichetta di bianco. 1800 bottiglie. Poi ho fatto la seconda annata ed è entrata Gaia in azienda. Lavorava anche lei a Birre del Borgo.
Il 2020 segna per Manuela l’anno della svolta. La rinascita. La voglia di rimettersi in gioco.
Ho chiamato Gaia e le ho detto: Io lavoro fino a fine mese poi vado in Sicilia. Ho disdetto il contratto di affitto ho caricato la macchina e sono partita.
Leggerezza? Voglia di evadere? No, voglia di vivere. Il tono nella voce di Manuela è di felicità. Ricordare quei momenti la fa stare bene. Rivivere quell’esatto istante è vivere nuovamente la felicità, l’eccitazione, la grandezza di un momento che voleva dire libertà. Come un emergere dal buio. Un aprire gli occhi dopo tanto tempo passato a vivere una vita che non era la sua.
Sorride Manuela. Sorride non solo con il viso. Sorride con gli occhi. Gli occhi che sono tutto.
Manuela ricorda con lucidità ogni istante associando ad esso il suo stato d’animo. Il racconto non è un semplice racconto. È un vivere ancora e ancora le emozioni provate. L’eccitazione. La preoccupazione. Lo sgomento. La felicità. L’impazienza. Gli addii. I ciao. Gli sguardi. I sorrisi. Le lacrime. La gioia. La speranza. La paura.
E mo che faccio? Ho pensato. Avevo preso il traghetto da Napoli per imbarcarmi con la macchina. Avevo coinvolto anche mio fratello per un pranzo a Napoli prima della partenza. Sul traghetto mi dicevo: ma che ho fatto che ho fatto. Un salto nel buio con contratto a tempo indeterminato. Non è stato facile trovare una situazione di stabilità. Un bel passo. Difficile.
Chi non è mai stato a Marsala non può capire un luogo dove il tempo si è fermato a parecchi decenni fa. La vita è rimasta semplice. Le campagne sono scarsamente popolate: vaste, assolate, difficili. I servizi praticamente assenti.
Eppure, oltre agli anziani rimasti, brulica di giovani. Ragazzi provenienti da ogni parte di Italia e del mondo che hanno scelto, come Manuela, di vivere in queste zone. Lavorando. Rimboccandosi le maniche. Senza paura. Senza rimorsi. Con la voglia di fare qualcosa per una magnifica terra che aspetta solo qualcuno che la sappia raccontare e valorizzare.
Ricordo la mia prima volta qui. Non era per il vino ma per fare kitesurf alla Riserva dello Stagnone. Me ne avevano parlato come un posto semplice, con il vento che spirava sempre forte e nella giusta direzione. Un paradiso per i kiters. Semplice non era esattamente l’aggettivo che mi venne in mente quando arrivai.
Anzitutto il paesaggio. Uno di quei posti dove le cartoline non ne riescono a descriverne la bellezza. Provate ad andarci al tramonto e a conquistarvi uno spazio per assistere al calar del sole sulle saline dinanzi l’isola di Mozia. Sarà un tramonto che non dimenticherete più per il resto della vita. Così bello e suggestivo che non avrete neanche la voglia di smettere di guardarlo per fare una foto.
Le persone qui sono semplici. Vive e schiette. Non troverete alloggi fantastici ma una ospitalità che non ha pari. Ricordo un bed&breakfast proprio sulla laguna. Non certamente dotato dei migliori comfort anzi, direi abbastanza fatiscente. Però. Ecco, proprio però. Il proprietario era una persona così a modo, così coinvolgente, così disponibile che tutto il resto passava in secondo piano. Per non parlare della colazione: solo quella valeva più di un hotel a cinque stelle.
Il mare cristallino gode dei venti che arrivano dall’Africa miscelandosi con quelli atlantici che riescono ad attraversare lo stretto di Gibilterra. Avete mai notato, osservando la cartina, che la Sicilia si incastra perfettamente proprio nello spazio che divide l’Africa dall’Europa a Gibiliterra?Marsala si posizionerebbe proprio nel bel mezzo dello stretto.
Marsala ricorda a tutti il vino Marsala. Ma pochi, se non gli addetti ai lavori, sanno che il Marsala è un vino liquoroso prodotto con vitigni storici coltivati nelle campagne qui attorno: Grillo, Insolia, Catarratto, Ansonica, Damaschino. Vitigni che qui assumono espressioni uniche e diverse solo cambiando terreno. Il sale portato dai venti. La sabbia. L’argilla. Il calcare. Il sole. Ogni parcella di terreno sembra un diverso pezzettino di un grande puzzle la cui figura è ancora tutta da decifrare.
Torniamo a Manuela. La protagonista è lei in fondo.
Quando mi racconta la sua storia non posso che provare ammirazione per questa ragazza. Forse un pò folle. Lucidamente folle. Lascia una città dove ci sono i suoi affetti. Lascia un lavoro che le garantisce stabilità. Lascia una vita certa per qualcosa di completamente incerto. Incerto e dannatamente complicato.
Arrivo e predo una vigna in affitto. Durante l’inverno prima della vendemmia facevo su e giù con la Sicilia perché qui non riuscivo a mantenermi. Per qualche mese sono andata a vivere a Forlì per lavorare nella distribuzione del vino. Facevo su e giù Sicilia-Forlì. Dormivo a casa di un amico. Per avere uno stipendio. Un pò di lavoretti qui e la. Il vino ha cominciato ad ingranare anche se dovevo fare altri lavoretti. Aiutavo Vincenzo nella parte amministrativa perché tanto venivo da quello. Riuscivo non dico a sostenermi ma a ricominciare.
Applausi a scena aperte per Manuela. Mi vengono in mente i giovani che se ne stanno sul divano o protestano per uno stipendio adeguato. Giusto o meno, lo lascio commentare ad altri. Di certo non parto con una filippica sull’argomento per rispetto a Manuela. Dovrebbero parlare di lei e far parlare lei nel circo Barnum dei talk show. Dico solo che la fortuna, come ogni cosa della vita, non arriva se non la si cerca e non si investe su se stessi. Inseguendo un sogno. Manuela questo sogno lo sta ancora inseguendo con la sua compagna di avventure Gaia. Ha lasciato il lavoro sicuro, ha, hanno, investito i loro risparmi in un progetto, lavorano duramente per poter andare avanti. Devo aggiungere altro?
La prima vendemmia di Manuela è del 2020. Una vendemmia con l’uva trovata nelle vigne che avevano appena prese.
Conoscendo tutti tramite Vincenzo sappiamo come lavorano. Si trovano tantissime vigne qui. Sono contadini che le hanno ma non riescono ad occuparsene.
Una vendemmia quasi carbonara perché l’azienda che verrà, Midia, si costituisce solo l’anno seguente, nel 2021. Una vendemmia utile a sperimentare l’idea che Manuela ha del vino. Una idea maturata nei suoi trascorsi con Vincenzo. Una idea che è più una filosofia di vita applicata, anche, al vino.
Volevo un vino di pronta beva. Apri e te lo bevi. Anche senza mangiare. Semplice ma che ricordasse il territorio. Senza pensieri a fine giornata lavorativa. Con una bassa gradazione alcolica grazie ad un solo giorno di macerazione. Dal 2021 ho pensato di dargli un pò più di ampiezza. Ho fatto maturare di più l’uva allungando la macerazione. Qui i vini sono caratterizzati da acidità e sapidità. Volevo dargli anche ampiezza però. Che fosse anche un vino bello. Se il primo era di pronta beva, dal 2021 abbiamo aggiustato il tiro.
Vincenzo Angileri. È lui la persona che accompagna Manuela in questa meravigliosa avventura. Un consigliere. Un maestro. Un amico. Uno di famiglia.
Ho fatto tre anni con lui in cantina e mi ero fatta la mia idea. Quando ho iniziato a vinificare lui mi ha detto: sediamoci e parliamo.
Già me lo immagino questo colloquio. Dinanzi ad un bicchiere di vino. Non un calice. Un bicchiere di quelli svasati che ricordano i pranzi con il nonno. Nonno Antonio aveva il suo bicchiere. Più cicciotto degli altri, svasato e con i bordi arrotondati. Era simile agli altri ma il suo era diverso e inconfondibile. Non si poteva farlo bere in un altro bicchiere.
Gli ho detto quale voleva essere la mia idea di vino. Per me è un confronto continuo con lui. Anche adesso che mi sono messa a studiare enologia all’università è un confronto continuo.
Meraviglia di Manuela. No solo cambia tutta la sua vita ma vuole fare le cose bene. Per bene e senza sconti. Enologia all’università. Mica una cosa semplice per una ragazza che arriva dal finance. Qui sta la meraviglia e la bellezza. Qui sta l’intraprendenza, la voglia di fare e di rimettersi in gioco. Rischiando sulla propria pelle e senza gravare sugli altri.
Lui ascolta, ti da suggerimenti ma poi il vino te lo devi fare da solo. “Dimmi cosa vuoi fare e ti aiuto ad arrivare dove vuoi”. Se prendo una vigna in affitto lui passa, sta mezz’ora ma poi rimani solo e le cose te le devi fare da solo. Siamo noi attivamente che lavoriamo in campo ed in cantina. Abbiamo comprato mezzo ettaro. Una bandierina. Adesso abbiamo iniziato un progetto di recupero di vigne che stanno espiantando o abbandonando. Ti finanziano per impiantare vigna nuova. Così si perde un patrimonio pazzesco perché ogni anno si espianta tanto.
Meritiamo davvero l’estinzione mi viene da dire. Le leggi possono anche avere un nobile fine ma poi si trova sempre la strada per sfruttarle al peggio. “Fatta la legge, trovato l’inganno” non è solo un detto. È un modo di essere tutto italico che non si debellerà mai. Si invita all’espianto offrendo soldi con il risultato che piante vecchie scompaiono. Solo per soldi. Ragazzi come Manuela e Gaia hanno scelto di vivere in un lembo dimenticato della Sicilia con lo scopo di valorizzare veramente il territorio e la sua storia. Estirpare qualcosa che appartiene proprio alla storia ed al territorio non è pensabile.
La riflessione che sorge spontanea è una domanda rivolta ai siciliani: ma deve venire uno straniero per tutelare la vostra storia e il vostro territorio?
Meritiamo l’estinzione.
l progetto delle vecchie vigne. Io me le prenderei tutte. Non vorrei che si espiantassero. Gaia mi dice aspetta perché non riesce a venire giù e sa che da sola non ce la farei.
Manuela è una romantica. Vive le piante come esseri viventi. Espiantare le vigne vuol dire uccidere esseri viventi che hanno una storia. Un sacrilegio che cancellerebbe proprio la storia di queste zone che si fatica a portare avanti.
Ufficialmente la società nasce nel 2021. Imbottigliamo da Vincenzo e lavorando nella distribuzione andavo in giro a vendere le mie bottiglie.
Il 2021 segna anche l’entrata in società di Gaia cosi che Midia diventa una azienda ancora più al femminile.
Siamo andati a bere una birra. In genere ci diciamo andiamo a fare un aperitivo e finisce dopo 8 ore. Mentre bevevamo birra e gin tonic le ho chiesto se le andava di entrare in Midia. A me serve una mano. Se ti va. Lei ha risposto: ma lo sai…si. Cosi è andata.
La scelta di Gaia è di quelle ponderate. Non si è ancora licenziata anche se lo vorrebbe ma in due, senza la possibilità che Midia si sostenga da sola, non è possibile.
Manuela lavora e studia. In Sicilia fa la cameriera anche per sostenersi. Poi fa la spola tra Roma e la Sicilia e con l’università a Viterbo tanto per non farsi mancare nulla.
A Roma sto a casa del mio compagno che ha un locale a Roma e fa vino in Puglia. Sono quattro soci e lui si occupa della parte commerciale. Fa la manovalanza in vendemmia. La Cattiva. Così si chiama l’azienda. È un concorrente in casa.
Midia si ritrova con mezzo ettaro di proprietà, 2500 metri quadri di una vigna di Catarratto del 1993.
Abbandonata. C’era erba alta due metri. Ci siamo ammazzate per rimetterla in piedi. Poi mezzo ettaro di Frappato. Produciamo 2800 bottiglie di Frappato e 3500 di Midia. Il Catarratto è ancora in un tonneau di 500 litri.
Quando chiedo che cosa l’abbia fatta innamorare del vino, la risposta di Manuela è di quelle sincere, umili, vive. Le sue parole sono soavi, flautate, sorridenti. C’è un tale rispetto per le cose che mi confida che è per me un dono.
Io penso che questa tipologia di vino innanzitutto non sposi solo a livello di vino ma per la tua vita a 360 gradi. Se vuoi fare un vino artigianale non si limita a quello. Dai valore alle persone che ci lavorano, ai produttori, alla campagna. Sposi uno stile di vita. Dire naturale è riduttivo. C’è un etica che parte dal non sfruttare le persone che lavorano con te. Non è solo non mettere prodotti chimici in vigna o in cantina. Non compro una carne allevata male ecc. Le persone e il territorio fa tanto. Quando sono arrivata qui sono rimasta colpita dalle espressioni dei vini del territorio e dalla storia che si respira. Che un pò si è persa. In questa parte della Sicilia non sono riusciti a valorizzare la storia. Marsala non è solo vino marsala. Sposare un territorio è difficile. Io l’ho sposata questa causa. Ci sono tanti ragazzi che si sono messi in gioco. Ci sono tanti ragazzi che sono qui e lavorano.
Le persone qui sono fantastiche è vero. I giovani, tanti, sono arrivati o sono tornati per fare qualcosa. Li ho visti aprire spot per il kitesurf allo Stagnone e li ho visti con la zappa in mano ad estirpare l’erba per recuperare vigneti. Li ho visti attorno ad un tavolo con il sorriso e la spensieratezza di chi sa di stare bene. Anche se i calli sulle mani prima, quando si viveva in città, non c’erano. Accogliere una ragazza o un ragazzo nuovo, non fa differenza. Magari la fa per gli anziani del luogo che mai avrebbero pensato che una ragazza com Manuela potesse resistere qui, a Marsala. Qui da dove tutti scappano e solo qualcuno ritorna. O arriva. Stando magari il tempo di una stagione.
Mi hanno accolto bene qui ma lavorando in campagna è sempre difficile. L’anno scorso ero in campagna da sola a zappare. Gaia lavora dunque non mi può dare una mano. Ero li e passa un signore con il trattore. Mi guarda e va via. Passa una, due volte poi ferma il trattore e mi dice: mi posso avvicinare? Certo rispondo io. Lui mi dice: guarda che non ti faccio niente. Ma che fai qui? Ho comprato vigna, sono una produttrice. Da dove vieni? Da Roma. Di dove sei? Romana. Ha sei rumena? No, di Roma. Mi ha guardato e non sapendo cosa dire mi ha detto: vuoi una sigaretta?Molti pensano che sarei rimasta pochi giorni. Devi farti valere un pò di più rispetto agli uomini. Ma siamo davvero una grande famiglia. Vinifichiamo tutti da Vincenzo poi. Alla fine ci diamo una mano tutti quanti.
Lavorare con etica. Lavorare con l’idea che un vino debba essere piacevole. Senza difetti. Altrimenti che piacere può dare. Tanta tanta ma davvero tanta attenzione in vigna. Pochi, essenziali, trattamenti dettati anche da un territorio che non ne richiede. Lieviti spontanei e un pò di solforosa prima dell’imbottigliamento. Non serve altro.
L’idea di fare l’università era approfondire le mie conoscenze ed evitare che ci siano problemi. Studiare, conoscere il processo è fondamentale. C’è quella parte teorica che ancora mi manca e per la quale mi affido a Vincenzo. Devo essere indipendente. Dall’altro avere una idea ancora più mia. Capire se il vino sta prendendo una certa piega cosa fare. Facciamo solo il controllo della temperatura perché qui fa caldo. La temperatura ci consente di conservare i profumi.
L’idea di Manuela e Gaia è di allargarsi e crescere così da essere sostenibili dando anche a Gaia la possibilità di staccarsi dal suo lavoro. Una crescita legata essenzialmente alle vigne e a ciò che riuscirà a trovare in queste. Una idea romantica davvero. Nessuna voglia di espiantare ciò che troveranno ma valorizzando le piante e l’uva già presente. Il vino sarà una diretta conseguenza. Una vera valorizzazione del territorio.
Volevamo partire con un progetto di recupero. Solo che non è sostenibile. La vigna di Catarratto ha necessitato di una potatura corta e necessiterà di due anni per andare in produzione. Abbiamo preso il Grillo per il Midia e rimaniamo con il Frappato. Poi parallelamente stiamo prendendo le altre.
I vini di Manuela e Gaia, al momento, sono due. Midia il bianco da Grillo e Zahia il rosso da Frappato. Midia che è anche il nome dell’azienda è il diminutivo di Emidia, la nonna di Manuela. Zahia, viste le influenze arabe proprie di queste zone, è un nome che porta con se bellezza luminosa e personalità affasciante.
Perché devi sempre chiederti che sentori o che caratteristiche meravigliose abbia un vino? Un vino deve essere piacevole e inebriante. Semplice e schietto. Senza fronzoli. Anche perché si tratta “solo” di uva trasformata in altro. Stappi e bevi. Per piacere di farlo da soli o, meglio in compagnia.
Zahia è il Frappato che mantiene il suo vivo colore rubino con riflessi porpora e la capacità di meravigliare grazie a sentori di frutta ancora non matura: melograno, ciliegia, fragola, lampone. Frutta croccante, di quelle appena colte dall’albero. Qualche fiore di campo rosso a completare un semplice ma efficace bouquet.
Secco in bocca. Fresco e moderatamente caldo. Sapido ovviamente. Un sorso che avvolge per la grande freschezza e soprattutto schiettezza che ricorda vini di altri tempi. Il sapore rimane in bocca il giusto tempo perché se ne possa assaporare un ulteriore sorso. Non serve berlo a temperatura molto elevata: direi tra i 12 e i 14°.
A me ha ricordato appieno la Sicilia. Un vino che sa di vino!!!
Midia da Grillo. Colore giallo quasi dorato. I sentori semplici mi fanno piombare direttamente in Sicilia. Chiudo gli occhi e respirando sento chiaramente i fiori di zagara, le pesche, le mandorle, la salinità del mare e la dolcezza della Sicilia. I fiori di pesco, le ciliegie bianche, la pasta di mandorle che diventa frutta martorana. Le note dolci del miele. Le arance tarocco, i mandarini. Il finocchietto selvatico. In questi odori c’è tanto di Sicilia. Mi commuovo per il trasporto che sto avendo. Anche se capisco che bisogna esserci stati per capire.
Il sorso porta con se i contrasti della Sicilia grazie ad una innata freschezza. Un sorso che ami o o che odi ma se lo ami o se ci convivi, non lo lasci più per il suo calore, per l’avvolgenza, per la sapidità portata dal vento del mare. Un vino che ti trasporta come il vento nell’entroterra siciliano, in quelle in quelle terre dove poi sentire l’odore del mare a ricordare che sempre su un’isola sei. Persistenza non elevatissima ma comunque buona per un vino vino bianco. Bilanciamento perfetto. Un vino non artefatto, non elaborato, semplice, diretto, schietto. Vivo. Di quei vini che sceglierei per bere con gli amici in una serata d’estate accompagnandolo con insalata di riso, una pasta ‘ncasciata, un pane cunzato o ancora meglio, con la pasta con le sarde condito con quel finocchietto selvatico che è lo stesso che ti sei trovato al naso.
Davvero intenso. Davvero unico. Davvero mi piace. Brave, brave
Un compagno a Roma con vigna in Puglia. Manuela in Sicilia a far la trottola su e giù. Una vita difficile ma che la rende felice. Il suo sorriso è delicato. La sua espressione è di appagamento. Stanchezza tanta ma di quella stanchezza che ti fa voltare indietro apprezzando la giornata appena trascorsa.
A volte penso di stare in un altro posto. Ma sono pensieri di momenti in cui si è stanchi. La mentalità qui è difficile e ti scontri con determinate cose. Trovi immondizia da tutte le parti e non te lo spieghi. Forse in un altro posto le cose sono diverse ma qui il territorio è pazzesco. La storia, il mare, le persone. Ogni tanto mi fanno arrabbiare ma poi sono splendidi. Come i giovani che sono tutte persone meravigliose. Io rimango sempre positiva e fiduciosa.
Sono parole di amore per la terra che l’ha accolta. Per le persone che le gravitano attorno. Per il vento che spira. Per il mare. Per il sole. Per la terra. Per gli amici. Per i sorrisi. Per le lacrime.
Spero di portare in giro il territorio attraverso i miei vini. Parlare di Marsala attraverso i vini. Nei miei vini come in quelli dei ragazzi qui, Marsala parla. I vitigni, il sole, il mare, il sale. Solo assaggiando i vini si sente la varietà del territorio. Da quelli che si affacciano sul mare a quelli dell’entroterra. La bellezza del territorio è la diversità dei suoli. C’è tutto qui. Siamo sei produttori che vinifichiamo da Vincenzo su terreni diversi. Il Grillo ad esempio è completamente diverso per ogni terreno. Annata e terreno fanno il vino. Insieme al sole.
36 anni Manuela, 35 Gaia. La realizzazione del sogno, del loro sogno, si concretizzerà nella seconda parte della loro vita. Sono la dimostrazione di come si sia sempre artefici della propria esistenza. Quando si ha una idea e un progetto, quando ci si crede veramente, quando si realizza che il sogno può diventare realtà, le cose accadono. Ma devi farle accadere tu. Ritrovandoti sotto il sole cocente e con una zappa in mano. Con il vento freddo e quello caldo. Con il sole che ti acceca e il sudore che ti fa appiccicare la maglia alla pelle. La ricompensa? Un sorriso e una meravigliosa, sublime, sensazione di appagamento. Null’altro che questo.
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